Mi son sempre piaciute le sfide ho deciso che avrei trasformato la pasticceria tradizionale in vegana, ma in chiave moderna, come piace a me!”
di Redazione
Foto di Andrea Tiziano Farinati
Quest’immersione nella pasticceria veg è riservata a chi proprio non vuole avere a che fare con le farine integrali e con il “poco dolce”, ma al contrario è un cultore dei dessert tradizionali e non teme la glicemia! Per affrontarla abbiamo selezionato una giovane promessa che, oltre a mettere le mani in pasta per noi consigliandoci preparazioni irresistibili, ci ha spiegato i cardini della sua filosofia e del suo stile. Lei è Alessia Luisa e il suo brand è L’Opéra del Dolce.
Come mai hai deciso di dedicarti alla pasticceria? E perché proprio vegana?
Ho scoperto di avere una passione per la pasticceria quando frequentavo l’Istituto tecnico per geometri: passavo i pomeriggi con mia cugina a sfornare torte e a imparare le basi del cake design. Ho capito così che lavorare in cucina era la mia strada.
Il vegan l’ho scelto nell’ultimo periodo in cui ho vissuto a Sydney, quando lavoravo in una bakery che produceva qualche dolce 100% vegetale e che mi ha dato la possibilità di sperimentare. Avevo appena scoperto di essere intollerante ai latticini ed era difficilissimo trovare dei dolci buoni senza questi allergeni.
Era un lato della pasticceria a cui non avevo mai pensato prima; ho notato quanta poca offerta ci fosse di prodotti “free from” e quanto fosse ingiusto che chi, per qualsivoglia motivo, non voleva assumere latte, uova o altri derivati animali, me compresa, non potesse gustarsi un buon dolce, ordinare una bella torta di compleanno o matrimonio.
E siccome mi son sempre piaciute le sfide ho deciso che avrei trasformato la pasticceria tradizionale in vegana, ma in chiave moderna, come piace a me!
Ci sono maestri che ti hanno ispirata?
Il mio idolo quando ho iniziato a muovere i primi passi nel settore era Christophe Michalak; ma poi ne ho scoperti molti altri, sempre d’Oltralpe. Ho sempre avuto un debole per la pasticceria francese!
Mi sono innamorata anche del lavoro di Toni Rodríguez, che è riuscito a fare quello che vorrei creare io: dolci moderni vegani, perfetti, precisi, buoni esattamente quanto quelli classici.
Come ti sei formata?
Quando avevo vent’anni mi sono iscritta al Corso superiore di pasticceria, di sette mesi, presso la Scuola Internazionale di Cucina Italiana Alma. Da lì è iniziato il mio percorso lavorativo: ho fatto lo stage da Alice (ora VIVA) di Viviana Varese a Milano, subito dopo il diploma mi sono trasferita a Londra per qualche mese, poi sono andata in Australia per quattro anni, dove ho lavorato in diverse tipologie di locali.
In che modo ti tieni aggiornata?
Attraverso i social network, sui quali seguo maestri e scuole del settore, scopro tecniche nuove, stili attuali e futuri, materie prime ricercate e stimoli di ogni sorta. Anche i corsi online sono uno strumento molto importante in quanto permettono di seguire lezioni professionali senza mettersi in viaggio per ore o giornate.
Mi piace sperimentare e creare nuove ricette: quando si decide di abbracciare la pasticceria vegetale si passa attraverso una lunga fase di scoperta ed evoluzione, che permette di provare ingredienti mai utilizzati prima. E, a differenza della cucina tradizionale, non ci sono milioni di ricette online, libri o classi che ti insegnano come fare, ma sei tu che devi provare e riprovare fino a quando non ottieni il risultato desiderato. Ad esempio, lo sai che per sostituire gli albumi in una meringa, oltre l’acquafaba, si può utilizzare anche la proteina della patata o della soia? Pochissime persone lo sanno.
Se dovessi elencare tre caratteristiche proprie del tuo stile quali sono?
Moderno, elegante e pulito. È la linea della pasticceria francese, quella che mi piace, ma io la voglio mettere in pratica in versione vegana.
Qual è l’ingrediente del quale non puoi fare a meno?
Lo zucchero perché si utilizza per fare il caramello, che è il mio gusto preferito, e poi perché non sono una pasticciera healthy, che crea dolci dietetici. Si possono preparare dolci senza zucchero, ma non è il tipo di pasticceria che interessa a me.
Uno che non sfrutterai mai?
I litchi: hanno un sapore e una consistenza che mi disgusta. Nei ristoranti in cui ho lavorato in Australia spesso si usavano e ho anche avuto modo di assaggiarli nei dolci creati da altri chef, ma non li ho mai inseriti nei miei dolci né intendo farlo.
In base alla tua esperienza le persone sono pronte a rinunciare al burro e all’uovo?
Sono molto scettiche, anch’io lo ero anni fa: se le persone vedono un dolce etichettato vegano non lo mangiano o sono titubanti a causa di pregiudizi. Se invece si presenta un dessert fatto bene, omettendo che è privo di derivati animali, lo mangiano senza problemi e dicono pure che è buono.
La verità è che un dolce 100% vegetale, se fatto bene, non ha niente da invidiare a uno classico, anzi è il contrario semmai, viste le implicazioni etiche.
C’è una sfida culinaria che non sei ancora riuscita a vincere?
Ho in programma nei prossimi mesi di mettere a punto la mia ricetta del bignè: ho fatto alcuni esperimenti, ma nessuno che mi convincesse appieno. Penso che il bignè sia tra i prodotti più complessi da rendere vegan; ci sono già alcune ricette online o sui libri, ma a me piace sperimentare per arrivare a risultati originali.