di Elisa Orlandotti
Le alghe esistono da prima dell’essere umano e sono presenti anche in luoghi a noi proibiti. Alcune le mangiamo, altre le malediciamo quando andiamo al mare. Ma quanto le conosciamo?”
Alghe, parola di cinque lettere che sottintende tantissime specie e ceppi, che sottostanno a regole proprie. Le alghe esistono da prima dell’essere umano e sono presenti anche in luoghi a noi proibiti. Alcune le mangiamo, altre le malediciamo quando andiamo al mare. Ma quanto le conosciamo? Ancora oggi i ricercatori le studiano perché dalla loro conoscenza, produzione e trasformazione possono nascere nuove soluzioni di vita, sostenibili e naturali. Abbiamo incontrato uno di questi studiosi, il co-founder di SpirEat Antonio Idà, i cui occhi hanno iniziato a brillare d’amore e passione quando gli abbiamo posto domande sulle sue adorate alghe. E lui pazientemente ci ha presentato il loro mondo.
Cosa hanno di affascinante le alghe? Cosa ti ha portato a decidere di investire la tua professionalità (e molto di più) in loro?
Sono un mondo per lo più inesplorato, presente da miliardi di anni sulla Terra senza troppa considerazione (se non dal mondo accademico), eppure la metà dell’ossigeno presente sul nostro pianeta è dovuta a loro. In pochi micrometri di dimensione racchiudono amminoacidi, acidi grassi, vitamine, minerali, antiossidanti, polimeri e carboidrati. Le alghe sono fra i primi organismi apparsi sulla Terra e la teoria evoluzionistica le considera i primi capaci di fare fotosintesi. La mia passione per questo mondo è dovuta alla casualità che mi ha portato a Istanbul, dove ho studiato la possibilità di produrre biodiesel da questi microrganismi imparando a conoscere e intuendo le loro mille possibilità.
Dovessi usare tre aggettivi per descriverle?
Complesse: comprendere le loro caratteristiche è molto difficile. Gli studiosi che genericamente si occupano di alghe si specializzano in alcune tipologie delle stesse, non coprendo così tutta la loro complessità. Adattabili: grazie alla loro forte plasticità riescono a sopravvivere e adattarsi agli angoli più remoti della Terra. Se ne conoscono specie che vivono nei ghiacciai e altre nei deserti; queste ultime in particolare sono usate per esperimenti dell’università di Tor Vergata con L’ESA, Ente Spaziale Europeo, per valutare la possibilità che questi microrganismi possano vivere nello spazio. Belle: sì! Proprio belle! Guardandole al microscopio sembra di vedere un quadro dai mille colori e dalle forme barocche. Sono molti anche i fotografi che le hanno immortalate.
Esattamente come sono classificabili?
Purtroppo non si può dire esattamente, infatti questo è un argomento ancora oggi molto discusso nella comunità dei tassonomisti. Ogni anno si aggiorna la loro classificazione: si sa che appartengono a nove gruppi tassonomici diversi. Giusto per fare un confronto, noi e la maggior parte degli animali apparteniamo a un solo gruppo e le piante a un altro, quindi è come chiamare allo stesso modo gli umani e le piante.
Quanti tipi ne esistono? Quanti ne sfruttiamo?
Nonostante la larga biodiversità, conosciute a ora ci sono circa 50.000 specie e milioni di ceppi, ma solo poche specie di microalghe possono essere utilizzate, e in particolare: Arthrospira platensis o maxima (Spirulina), Chlorella pyrenoidosa, vulgaris e luteoviridis, Aphinozomenon flos-aquae (alga Klamath, dal lago statunitense dove viene raccolta), Odontella aurita, Tetraselmis chuii (Fitoplancton) e Haematococcus pluvialis.
Cosa è possibile fare con le alghe?
Tanti sono gli utilizzi delle alghe, alcuni molto conosciuti come nel caso dei componenti per l’industria cosmetica o farmaceutica oppure per le gelatine (come l’agar, polisaccaride ottenuto da diverse specie), alcuni invece insospettabili, come l’impiego nella produzione di plastiche biologiche, materiali microabrasivi (come la diatomite) e coloranti naturali. Annunciati da grandi articoli e realizzati con grandi speranze sono il biodiesel o il fuel per gli aerei, la cui produzione non è però purtroppo ancora commercialmente conveniente. Ma come la natura ci insegna, il loro uso è e deve essere principalmente alimentare, dato che rappresentano la base della catena alimentare.
Perché ci conviene mangiarle?
Per due ragioni principali: la prima – e la più banale – è legata al fatto che sono un concentrato di sostanze nutritive bilanciate, facilmente assimilabili. Preciso che quest’ultima affermazione vale per l’alga Spirulina e per la Klamath perché appartenenti ai phylum, dei cianobatteri impropriamente detti alghe verdi-azzurre, che non presentano parete vegetale e quindi per noi digeribili, a differenza della Chlorella che risulta per noi di impossibile assimilazione. Nonostante l’alta concentrazione di ottimi nutrienti nelle alghe, niente è miracoloso: purtroppo la disinformazione regna sovrana e pur di vendere alcune persone usano un po’ troppa inventiva attribuendo loro poteri che non hanno. La seconda ragione invece è prettamente ambientale: produrre alghe significa consumare molte meno risorse, in termini sia di superficie che di consumo di acqua oltre che di produzione di anidride carbonica.
Hanno controindicazioni
Da studi clinici non ci sono dimostrazioni di controindicazioni. Le uniche avvertenze sono in caso di particolari tipologie di malattie autoimmuni e allergie, come del resto per qualunque tipo di ingrediente o cibo.
Quali dobbiamo scegliere per lo iodio?
Sono le specie marine a essere indicate per la ricchezza di iodio; sia le micro che le macro alghe possono essere marine o crescere in ambienti salmastri. Se dovessi scegliere una fonte di iodio proveniente da alghe preferirei le macroalghe, comunemente chiamate alghe brune (Laminaria digitata, più conosciuta come Kombu), rosse (Porphyra umbilicalis, nota come alga Nori) o verdi (Ulva sp., la tipica lattuga di mare utilizzata da sempre nella cucina tradizionale giapponese).
Nel momento dell’acquisto a quali parametri dobbiamo stare attenti?
Principalmente la provenienza: molto spesso le alghe vengono acquistate da Cina o India e confezionate poi in un paese europeo e quindi con una confezione che non riporta chiara la provenienza. Il rischio di pochi controlli del materiale che arriva fino a noi è alto e di conseguenza la possibilità che siano presenti metalli pesanti o, peggio ancora, microcistine epatotossiche. Questo pericolo può essere evitato ponendo un po’ di attenzione all’etichetta e, se è presente, al certificato di agricoltura biologica dove è indicata la provenienza con la scritta UE/non UE oppure – come nel nostro caso – Agricoltura UE. Se poi si volesse andare più a fondo, si può sempre contattare direttamente il produttore che, se ha davvero passione per il suo lavoro, sarà felice di rispondere.
Cosa ne pensi della classificazione della Spirulina nei novel food? Ormai è diffusa per uso alimentare, è il caso di tenerla sotto stretta osservazione?
In realtà non si potrebbe considerare come novel food, in quanto già presente dagli anni Ottanta sul mercato italiano. Diciamo che può essere considerata novel food perché abbiamo riscoperto le sue proprietà. Anche se in molti pensano che le alghe siano estranee alla nostra tradizione alimentare e medica, non è proprio così: già Plinio il Vecchio, nel Primo secolo dopo Cristo, raccomandava l’uso delle alghe marine nella cura della gotta, malattia molto diffusa tra la nobiltà romana, mentre Dioscoride Pedanio, celebre medico greco, ne consigliava l’impiego contro le eruzioni cutanee, la gastrite e i disturbi dell’intestino e del fegato. In tempi ancora più antichi le civiltà precolombiane ne avevano già scoperto le proprietà ricostituenti (tra gli Aztechi erano utilizzate dai guerrieri). Durante la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull’alimentazione svoltasi nel 1974, la Spirulina fu definita “il miglior cibo del futuro” per le sue ottime proprietà nutritive.
Sappiamo che hai studiato anche la possibile creazione di tende fatte con le alghe… com’è finita?
Questa è una storia divertente, perché è stata la mia prima esperienza aziendale. Dopo aver deciso chiudere la mia carriera di ricercatore, mi sono trasferito a Londra per intraprendere un nuovo lavoro e mi sono ritrovato a studiare di nuovo all’università, poiché si trattava di un’azienda incubata nell’Imperial College. Lì il progetto era molto accattivante e pieno di sfide: il concetto era creare dei materiali che respirassero, ossia assorbissero CO2 e rilasciassero ossigeno in ambienti chiusi, come ad esempio gli uffici, con un innegabile beneficio. Comunque l’esperienza per me è finita abbastanza presto, perché dopo qualche prototipo l’azienda ha deciso di trasferirsi e io ho scelto di inseguire i miei sogni, ritornando in Italia e facendo ciò che so fare meglio, coltivare alghe e lanciare la mia Spirulina.
E cosa ci dici di quella patina che ricopre i monumenti?
Le alghe sono presenti ovunque, monumenti inclusi: quella pellicola marroncino-verdognola che si deposita sulle superfici è formata proprio da alghe. Lo sanno bene i restauratori che combattono con questi biofilm ogni giorno, costretti a usare agenti chimici molto forti e spesso tossici. In occasione del mio dottorato, ho seguito il gruppo di studio che si occupava di eliminare, senza l’uso di agenti chimici, i biofilm dai dipinti nelle catacombe di Domitilla e San Callisto. Lo stesso gruppo ha poi usato questo metodo per la pulizia dei templi indiani, con ottimi risultati.
Tra le ultime notizie diffuse in materia alghe c’è anche quella di un possibile riflesso sullo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia; ma com’è possibile?
Ve l’avevo detto che le alghe sono capaci di adattarsi alle condizioni più estreme (ride, NdA), ghiacci compresi! Uno studio ha evidenziato come le alghe formino una barriera al riflesso della luce e come questo fenomeno contribuisca al discioglimento del ghiaccio. Ma se pensiamo che le alghe sono presenti sulla Terra prima di noi e che nei ghiacci ci sono da sempre, allora c’è qualcosa che non va: come effettivamente indicano gli autori dello studio, il problema sta nell’inquinamento ambientale, che fornisce un eccesso di sostanze nutritive e quindi causa una maggiore crescita delle alghe, e nel riscaldamento generalizzato che provoca questo fenomeno, altrimenti del tutto naturale.
Come funziona l’impianto produttivo SpirEat che avete ideato e creato a Casalbuttano?
L’impianto di cui stiamo parlando è stata la ragione della nascita della nostra azienda, dal momento che è stato pensato per la produzione di Spirulina in climi inospitali come quello padano, basandosi su una logica di economia circolare e recuperando dei cascami termici di un impianto di biogas. Circa 3000 MJ termici, che solitamente vengono dispersi e significano il riscaldamento di qualche decina di abitazioni, vengono recuperati e rendono possibile la coltivazione della Spirulina, che ha bisogno di una temperatura costante di circa 30°C. Inoltre a valle del processo di produzione dell’alga viene recuperata anche l’acqua di coltura che è poi usata come ferti-irrigante per i campi, per cui non si hanno sprechi e in più si recupera biossido di carbonio dall’atmosfera per permettere alla Spirulina di fare fotosintesi in maniera efficiente. In conclusione, abbiamo creato un circolo virtuoso in Pianura Padana producendo del cibo nutriente e gustoso, infatti la nostra Spirulina viene usata per lo più come ingrediente e non come integratore.
Quali sono le ricerche che attualmente stanno interessando le alghe?
Sarebbe veramente lunghissimo parlare delle ricerche in corso, ma qualche accenno sarebbe bello condividerlo. Molti gruppi di ricerca lavorano su estrazioni di molecole che sono la ricchezza di questi microrganismi, io invece credo che le alghe possano aiutarci nel modo migliore con ciò che fanno da miliardi di anni: riprodursi e consumare minerali, che l’inquinamento produce in eccesso e che noi abbiamo problemi a smaltire, per cui stiamo lavorando a delle celle bioelettrochimiche che consumano scarti, generano energia elettrica e producono alghe.
Principali nutrienti nelle alghe
- Proteine: l’apporto proteico è più alto di qualsiasi altro tipo di alimento vegetale e animale e rappresenta addirittura il 60-70% del peso del prodotto. Bisogna ricordare però che i dosaggi raccomandati, di pochi grammi, non possono soddisfare autonomamente il fabbisogno proteico giornaliero.
- Grassi: sono abbondanti e presenti in modo differente nelle diverse specie. In quelle in commercio si trovano maggiormente gli insaturi quali gli Omega-6 e gli Omega-3, questi ultimi essenziali e spesso carenti nelle nostre diete. Ai dosaggi raccomandati apportano circa il 15% degli Omega-3 consigliati giornalmente.
- Vitamine: sono presenti i carotenoidi (vitamina A) di cui le microalghe forniscono oltre il 100% del fabbisogno giornaliero, le vitamine del gruppo B e, nel caso dell’alga Klamath, anche la B12 nella sua forma attiva (confermato da uno studio pubblicato su J Vitam Nutr Res, 2009 Mar). Anche la vitamina K, essenziale non solo per la coagulazione del sangue ma soprattutto per il processo di assorbimento del calcio nelle ossa, è fornita al 100% della dose giornaliera raccomandata (Rda).
- Minerali e oligoelementi: sono circa sessanta gli elementi presenti. Vanno ricordati il ferro (100% Rda), di cui è stata documentata l’ottima assimilabilità, e lo iodio, che è quasi totalmente assente nel caso di alghe prodotte in acque dolci o comunque in misura minore (30% Rda) rispetto alle alghe marine. Per questo le microalghe possono essere assunte anche in caso di ipertiroidismo.
- Clorofilla: ne è ricca in particolar modo la Chlorella, grazie alla quale questa microalga ha un’importante azione disintossicante. La Chlorella contiene più clorofilla dei cosiddetti “supercibi verdi” quali l’erba d’orzo o di grano.
- Ficocianine: oggetto di grande studio in questi ultimi anni, queste sostanze hanno un grande potere antiossidante e antinfiammatorio. Sono presenti nelle alghe verdi-azzurre (Spirulina e Klamath) ma non in quelle verdi (Chlorella)
Oltre al green c’è di più
Un progetto, Nutrimax, ha come obiettivo di combattere la malnutrizione acuta severa che colpisce venti milioni di bambini nel mondo. Il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II sta creando una crema composta esclusivamente da ingredienti vegetali e facilmente reperibili in Africa, nei paesi poveri presso i quali l’organizzazione di volontariato NutriAfrica opera, in grado di aiutare gli organismi fortemente debilitati a reperire e digerire nutrienti indispensabili come tutti gli amminoacidi, i minerali, le vitamine, gli zuccheri e i grassi. I primi successi sono già arrivati. Gli ingredienti sono: soia, sorgo, zucchero, olio di girasole e… spirulina maxima essiccata! C’è un’azienda, invece, che con le alghe infestanti ha creato anche una carta: Favini Srl. Ecologica, biodegradabile e certificata FSC, Shiro Alga Carta è nata negli anni Novanta a partire dalle alghe che si moltiplicano nelle lagune, trasformate attraverso un processo che prevede la neutralizzazione delle emissioni residue di CO2. Con una grafica accattivante possiamo trovarla, ad esempio, come imballo della linea di cosmetici vegan Vagheggi BIO+: la confezione è priva di colle, di punti metallici e di “bugiardino” in quanto Shiro Alga Carta indica al proprio interno le specifiche di prodotto.
Date un’occhiata alla nostra gustosissima ricetta per fare gli involtini orientali alle alghe.