di Rita Spàngaro
Che stare seduti faccia male si sa, ma quanto sia deleterio l’oggetto sedia, sviluppato nei secoli più in base a dettami di design che sulle nostre caratteristiche fisiologiche, è meno noto.
Ad ammetterlo è stata anche la designer californiana Galen Cranz, docente di architettura socio-culturale a Berkeley, specializzata nel Body Conscious Design. Convivendo da quando era ragazzina con un’accentuata scoliosi, già una decina di anni fa, nel suo libro The Chair (WW Norton & Co, 2000), l’esperta puntava il dito proprio sulla progettazione di questi pezzi di arredamento, pensati per compiacere più l’occhio (e il mercato) che il fisico: “Noi le progettiamo, ma una volta costruite sono loro a plasmare il nostro corpo”.
Nel settore della progettazione di interni Cranz non è stata l’unica esperta consapevole di questa incongruenza. Negli anni Settanta il noto designer Victor Papanek aveva definito questi cattivi progetti come una forma di “omicidio fai da te”.
Relax letale
Da tempo le ricerche confermano che costringere il nostro corpo a stare immobile su una seduta con schienale, e magari braccioli, produce numerosi disturbi. James Levine, endocrinologo americano della Mayo Clinic, ne ha individuati addirittura trentaquattro, tra i quali: indebolimento della muscolatura dorsale e addominale, dolore alla schiena, tensione sul diaframma, problemi di circolazione, vene varicose, stress, ictus, digestione rallentata, stipsi, declino cognitivo, disabilità. Le sedute troppo morbide, poi, benché confortevoli, diminuiscono la probabilità che ci si voglia alzare o che si cambi spesso posizione, predisponendo a piaghe da decubito gli anziani. Già nel 2012 uno studio dell’Università di Harvard pubblicato su The Lancet, analizzando le cause di malattie cardiache, diabete e cancro, aveva individuato proprio la sedia come responsabile comune, stimando che ogni anno, in tutto il mondo, l’inattività uccidesse più di cinque milioni di persone. Un’ennesima conferma viene da una ricerca pubblicata a giugno 2020 su Jama Oncology, secondo la quale stare ogni giorno troppe ore seduti aumenta dell’82% il rischio di morire per tumore. Previsione non molto rassicurante, dal momento che, secondo i dati resi noti ad agosto 2020 sulla rivista BMC Public Health, la sedentarietà tra gli adulti in Europa è aumentata dell’8% in quindici anni. Ma il dato più inquietante, dicono gli esperti, è che l’attività fisica regolare non cancella i potenziali danni dello stare seduti: sedie e divani ci rubano anni di vita.
Seduta attiva
Com’è possibile che, dal punto di vista evolutivo, riposare sia per noi così deleterio quando altri esseri viventi passano molto tempo immobili, in letargo o in stato di quiescenza?
Uno studio recente della University of Southern California sulla popolazione di cacciatori-raccoglitori della Tanzania, gli Hadza, estranea, non solo all’oggetto sedia, ma alle principali patologie croniche del mondo industrializzato, ha concluso che non è tanto l’inattività a far ammalare, quanto la posizione che assumiamo durante l’inattività e la pessima abitudine di rimanere pressoché immobili. A quanto pare questa popolazione, nonostante una vita intensamente movimentata, trascorre infatti circa dieci ore al giorno in relax contro le nostre nove. Il segreto del loro benessere è piuttosto la seduta “attiva”, che permette un lavoro muscolare anche durante il riposo: un aspetto fondamentale per la prevenzione, secondo i ricercatori, perché se il muscolo si muove produce lipasi, una lipoproteina che brucia i trigliceridi e abbassa il rischio cardiovascolare. Proprio come avveniva per l’uomo primitivo. È evidente che la sedia, inducendo un relax totale, non necessita di alcuna attività muscolare, come richiedono invece, anche se in misura parziale, panca o sgabello, suoi predecessori fino all’età industriale, momento in cui il lavoro ripetitivo incentivò la diffusione delle sedie.
Vie d’uscita:
Allora, come sedersi (o non sedersi affatto) in tempi di smart working?
1) I più allenati possono tentare lo squatting, la posizione privilegiata dagli Hadza: accovacciati, con i talloni a terra e il peso del bacino sul retro delle caviglie. Non sarà facile inizialmente, ma gli esperti assicurano che con il tempo ci si abitua e si impara a stare comodi.
2) In alternativa, tra le mille posizioni di riposo adottate dagli esseri umani nel mondo, catalogate dall’antropologo Gordon W. Hewes, si possono introdurre nella routine quotidiana quella a gambe incrociate, o quella inginocchiati a terra, alla maniera dei giapponesi. Oppure sdraiati, appoggiati su un gomito come nell’antica Roma.
3) Per chi è costretto a stare ore davanti a un pc è di moda il sit-stand desk, la scrivania rialzabile per alternare il lavoro da seduti e il lavoro in piedi, introdotta già da anni alla Apple da Tim Cook. L’ideale, dicono i ricercatori, è un rapporto seduti-in piedi che va da 1:1 fino a 1:3. Ma per favorire il movimento vero e proprio è disponibile una versione di standing desk con tapis roulant incorporato.
4) Nel caso si preferisse avere una guida, il sito web www.smartworkandlife.co.uk propone uno Smart work resource kit gratuito, ossia un percorso personalizzato a livello manageriale, individuale o di team per imparare a lavorare stando seduti il meno possibile e facendo movimento.
5) Se non si può proprio fare a meno dell’oggetto sedia, meglio accordare la preferenza a quelle ergonomiche il cui design, come suggerisce Galen Cranz: “[…] supporti e faciliti la necessità di movimento del corpo”. Tra le più innovative, Soul Seat dell’azienda americana Health by Design, nella versione Primera Vegan Leather Fabric: una seduta a due livelli che permette di stare seduti accovacciati, a gambe incrociate o inginocchiate e schiena naturalmente dritta.
6) Nel caso si usi una sedia normale, attenzione alla postura: tenere le braccia ad angolo retto con avambracci e polsi appoggiati sui braccioli o sulla scrivania, ginocchia ad angolo retto con piedi ben appoggiati e paralleli e, soprattutto, schiena, collo e testa dritti, come se un filo in cima al capo ci tirasse verso l’alto. Evitare gambe accavallate o, peggio, avvitate.
7) Interrompere questa posizione il più spesso possibile, almeno per dieci minuti ogni mezz’ora o al massimo un’ora, come raccomanda il dottor James Levine, che ha studiato per trent’anni le patologie dello stare troppo seduti. Si può telefonare mentre si cammina, andare in bagno o sistemare casa. Per chi è più atletico, invece, c’è l’interval training: da dieci a trenta secondi di attività fisica ad alta intensità possono sostituire i dieci minuti di movimento leggero.
di Rita Spàngaro
Che stare seduti faccia male si sa, ma quanto sia deleterio l’oggetto sedia, sviluppato nei secoli più in base a dettami di design che sulle nostre caratteristiche fisiologiche, è meno noto.
Ad ammetterlo è stata anche la designer californiana Galen Cranz, docente di architettura socio-culturale a Berkeley, specializzata nel Body Conscious Design. Convivendo da quando era ragazzina con un’accentuata scoliosi, già una decina di anni fa, nel suo libro The Chair (WW Norton & Co, 2000), l’esperta puntava il dito proprio sulla progettazione di questi pezzi di arredamento, pensati per compiacere più l’occhio (e il mercato) che il fisico: “Noi le progettiamo, ma una volta costruite sono loro a plasmare il nostro corpo”.
Nel settore della progettazione di interni Cranz non è stata l’unica esperta consapevole di questa incongruenza. Negli anni Settanta il noto designer Victor Papanek aveva definito questi cattivi progetti come una forma di “omicidio fai da te”.
Relax letale
Da tempo le ricerche confermano che costringere il nostro corpo a stare immobile su una seduta con schienale, e magari braccioli, produce numerosi disturbi. James Levine, endocrinologo americano della Mayo Clinic, ne ha individuati addirittura trentaquattro, tra i quali: indebolimento della muscolatura dorsale e addominale, dolore alla schiena, tensione sul diaframma, problemi di circolazione, vene varicose, stress, ictus, digestione rallentata, stipsi, declino cognitivo, disabilità. Le sedute troppo morbide, poi, benché confortevoli, diminuiscono la probabilità che ci si voglia alzare o che si cambi spesso posizione, predisponendo a piaghe da decubito gli anziani. Già nel 2012 uno studio dell’Università di Harvard pubblicato su The Lancet, analizzando le cause di malattie cardiache, diabete e cancro, aveva individuato proprio la sedia come responsabile comune, stimando che ogni anno, in tutto il mondo, l’inattività uccidesse più di cinque milioni di persone. Un’ennesima conferma viene da una ricerca pubblicata a giugno 2020 su Jama Oncology, secondo la quale stare ogni giorno troppe ore seduti aumenta dell’82% il rischio di morire per tumore. Previsione non molto rassicurante, dal momento che, secondo i dati resi noti ad agosto 2020 sulla rivista BMC Public Health, la sedentarietà tra gli adulti in Europa è aumentata dell’8% in quindici anni. Ma il dato più inquietante, dicono gli esperti, è che l’attività fisica regolare non cancella i potenziali danni dello stare seduti: sedie e divani ci rubano anni di vita.
Seduta attiva
Com’è possibile che, dal punto di vista evolutivo, riposare sia per noi così deleterio quando altri esseri viventi passano molto tempo immobili, in letargo o in stato di quiescenza?
Uno studio recente della University of Southern California sulla popolazione di cacciatori-raccoglitori della Tanzania, gli Hadza, estranea, non solo all’oggetto sedia, ma alle principali patologie croniche del mondo industrializzato, ha concluso che non è tanto l’inattività a far ammalare, quanto la posizione che assumiamo durante l’inattività e la pessima abitudine di rimanere pressoché immobili. A quanto pare questa popolazione, nonostante una vita intensamente movimentata, trascorre infatti circa dieci ore al giorno in relax contro le nostre nove. Il segreto del loro benessere è piuttosto la seduta “attiva”, che permette un lavoro muscolare anche durante il riposo: un aspetto fondamentale per la prevenzione, secondo i ricercatori, perché se il muscolo si muove produce lipasi, una lipoproteina che brucia i trigliceridi e abbassa il rischio cardiovascolare. Proprio come avveniva per l’uomo primitivo. È evidente che la sedia, inducendo un relax totale, non necessita di alcuna attività muscolare, come richiedono invece, anche se in misura parziale, panca o sgabello, suoi predecessori fino all’età industriale, momento in cui il lavoro ripetitivo incentivò la diffusione delle sedie.
Vie d’uscita:
Allora, come sedersi (o non sedersi affatto) in tempi di smart working?
1) I più allenati possono tentare lo squatting, la posizione privilegiata dagli Hadza: accovacciati, con i talloni a terra e il peso del bacino sul retro delle caviglie. Non sarà facile inizialmente, ma gli esperti assicurano che con il tempo ci si abitua e si impara a stare comodi.
2) In alternativa, tra le mille posizioni di riposo adottate dagli esseri umani nel mondo, catalogate dall’antropologo Gordon W. Hewes, si possono introdurre nella routine quotidiana quella a gambe incrociate, o quella inginocchiati a terra, alla maniera dei giapponesi. Oppure sdraiati, appoggiati su un gomito come nell’antica Roma.
3) Per chi è costretto a stare ore davanti a un pc è di moda il sit-stand desk, la scrivania rialzabile per alternare il lavoro da seduti e il lavoro in piedi, introdotta già da anni alla Apple da Tim Cook. L’ideale, dicono i ricercatori, è un rapporto seduti-in piedi che va da 1:1 fino a 1:3. Ma per favorire il movimento vero e proprio è disponibile una versione di standing desk con tapis roulant incorporato.
4) Nel caso si preferisse avere una guida, il sito web www.smartworkandlife.co.uk propone uno Smart work resource kit gratuito, ossia un percorso personalizzato a livello manageriale, individuale o di team per imparare a lavorare stando seduti il meno possibile e facendo movimento.
5) Se non si può proprio fare a meno dell’oggetto sedia, meglio accordare la preferenza a quelle ergonomiche il cui design, come suggerisce Galen Cranz: “[…] supporti e faciliti la necessità di movimento del corpo”. Tra le più innovative, Soul Seat dell’azienda americana Health by Design, nella versione Primera Vegan Leather Fabric: una seduta a due livelli che permette di stare seduti accovacciati, a gambe incrociate o inginocchiate e schiena naturalmente dritta.
6) Nel caso si usi una sedia normale, attenzione alla postura: tenere le braccia ad angolo retto con avambracci e polsi appoggiati sui braccioli o sulla scrivania, ginocchia ad angolo retto con piedi ben appoggiati e paralleli e, soprattutto, schiena, collo e testa dritti, come se un filo in cima al capo ci tirasse verso l’alto. Evitare gambe accavallate o, peggio, avvitate.
7) Interrompere questa posizione il più spesso possibile, almeno per dieci minuti ogni mezz’ora o al massimo un’ora, come raccomanda il dottor James Levine, che ha studiato per trent’anni le patologie dello stare troppo seduti. Si può telefonare mentre si cammina, andare in bagno o sistemare casa. Per chi è più atletico, invece, c’è l’interval training: da dieci a trenta secondi di attività fisica ad alta intensità possono sostituire i dieci minuti di movimento leggero.
Scoprite quali esercizi sono più adatti al vostro stile di vita: parola d’ordine? Muoversi! Per altre notizie relative al mondo Salute e Benessere, visitate la sezione dedicata.