Secondo gli autori, le conseguenze di questa “memoria golosa”, una caratteristica evolutiva con ogni probabilità selezionata decine di migliaia di anni fa”
Non bastava che il cioccolatino ci piacesse più dei broccoli: per mettere definitivamente la pietra tombale sulla nostra voglia di rimetterci in forma ci mancava solo che il nostro cervello facesse meno fatica a ricordarsi lʼindirizzo della pasticceria che quello del fruttivendolo. È questa la singolare scoperta pubblicata su Nature dal team di ricercatori della Wageningen University guidati da Rachelle de Vries.
Di cosa si tratta?
“Uno dei compiti che ogni specie animale deve affrontare — spiega la ricercatrice alla guida del progetto — è quello di procurarsi il cibo e uno degli argomenti alla base della teoria dellʼalimentazione è che la salute di ogni individuo dipenda direttamente dalla sua capacità di assumere nutrienti; la pressione evolutiva non può quindi che favorire i tratti che massimizzano questa sua abilità”. Ma se è vero che non mancano gli studi che hanno sondato lʼapplicabilità di questa ipotesi al mondo animale, ancora nessuno aveva pensato di verificare se e in che misura fosse applicabile anche allʼuomo.
La ricerca-esperimenti multisensoriali
Almeno fino a quando una delle più prestigiose riviste scientifiche al mondo ha pubblicato la ricerca dal titolo La memoria spaziale umana implicitamente dà la priorità al cibo ipercalorico. “Abbiamo voluto verificare se anche la percezione spaziale negli uomini sia acuita quando si tratta di cercare cibi ad alto valore calorico e per farlo abbiamo eseguito un esperimento multisensoriale su larga scala in cui i partecipanti sono stati chiamati a ricordare la posizione di diverse tipologie di vivande in una sorta di labirinto”. E la scoperta lascia poco spazio a dubbi: “Abbiamo constatato — afferma la scienziata — che i partecipanti imparavano e ricordavano con maggiore accuratezza la posizione dei cibi ipercalorici, indipendentemente dai gusti personali o dalla familiarità con quegli alimenti. Inoltre, questa attitudine non veniva meno neppure quando le informazioni a disposizione erano limitate, per esempio nel caso in cui lʼunico indizio disponibile era rappresentato dallʼodore”. Per capirci: quando durante lʼesperimento i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di ricordare dove fossero i pomodori e il cioccolato, questi hanno invariabilmente ricordato la posizione del secondo, anche quando i pomodori erano la loro verdura preferita e il cioccolato non gli piaceva per niente.
Ipotesi
“I nostri risultati — afferma Rachelle de Vries — suggeriscono quindi che la mente umana continua a ospitare un sistema cognitivo che si è sviluppato per cercare cibo ad alto valore energetico nelle condizioni di precarietà, tipiche del nostro passato di cacciatori-raccoglitori, e rileva inoltre le notevoli possibilità dellʼolfatto umano, spesso sottostimate”.
Per mettere alla prova le proprie ipotesi, il team della Wageningen University ha chiesto a cinquecentododici cavie volontarie di seguire un percorso obbligato allʼinterno di un locale nel quale erano stati disposti otto diversi tipi di alimenti (o, nella prova fatta sfruttando il solo olfatto, otto batuffoli di cotone profumati). Quando arrivavano dove si trovava la porzione di cibo (o il batuffolo), era chiesto loro di assaggiarlo (o annusarlo) e dargli un voto in base al gradimento, al desiderio di mangiarlo e alla familiarità con quel sapore o quel profumo. Sui piatti cʼerano i famosi biscotti al caramello tipici olandesi, cioccolato, patatine e arachidi per la squadra degli ipercalorici, mentre per i cibi salutari erano stati scelti mele, cetrioli, pomodori e melone. Secondo quello che era stato loro spiegato allʼinizio della prova, il test si sarebbe dovuto concludere lì.
Risultati
Ma a sorpresa, dopo il percorso nel labirinto degli assaggi, alle cavie umane è stata invece sottoposta una seconda prova: individuare su una piantina della stanza la corretta posizione in cui si trovavano i diversi alimenti. E indipendentemente dal voto assegnato nella prova precedente, i partecipanti si sono dimostrati il 30% più precisi nel posizionare in modo corretto patatine, arachidi, cioccolato e biscotti.
Una memoria “golosa”
Secondo gli autori, le conseguenze di questa “memoria golosa”, una caratteristica evolutiva con ogni probabilità selezionata decine di migliaia di anni fa per favorire la sopravvivenza della nostra specie, sarebbero ora in special modo rilevanti e tuttʼaltro che vantaggiose dal punto di vista della salute. “Una memoria strutturata per ricordare senza difficoltà la posizione dei cibi ipercalorici — conclude — potrebbe rendere più facile per il nostro cervello dirigersi proprio verso di loro, soprattutto nelle persone in cui questo tratto è particolarmente espresso. Non solo questa naturale tendenza verso i cibi ipercalorici può spingerci a consumarli più facilmente, ma può addirittura indurci a frequentare con maggiore assiduità luoghi nei quali si trovano in grande quantità, come per esempio i fast food”.
di Fabio Zaccaria
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