di Grazia Cacciola
Siamo cresciuti a suon di “il cervello ha bisogno di zucchero”, Mary Poppins ne sosteneva l’utilità e poi ci hanno detto che non era vero e siamo stati catapultati nella foresta dei mille tipi di zucchero “sano”, senza mappa. Sono l’unica che si è sentita tradita?”
Senza zucchero? Sono fatti nostri
Io poi raggiungo stati di vera confusione mentale quando mi avventuro tra gli ingredienti dei prodotti industriali, in particolare quelli dichiarati “senza zucchero”. Pochi giorni fa un’amica mi ha sottoposto l’etichetta di una merendina bio “senza zucchero” per bambini: sorbitolo, isomalto, mannitolo, sciroppo di glucosio, aspartame, acesulfame. Non ero tanto perplessa per questi additivi, tutt’altro che salutari, ma per il fatto che il produttore li avesse messi proprio tutti, mancava solo lo xilitolo! I bambini sono ormai abituati a cibi super edulcorati in modo artificiale e per raggiungere un livello di maggiore appagamento è necessario combinare più zuccheri. Faticano a mangiare la frutta perché a confronto è insapore! L’amica era preoccupata che questi ingredienti facessero male. Come tutti i polialcoli, gli alcol dello zucchero estratti da materia organica (sorbitolo, mannitolo, xilitolo ecc.), hanno “controindicazioni transitorie”, quindi relative al momento contingente di somministrazione. In parole povere: sono fatti nostri. Potrebbero farci male, ma non ne sono ancora sicuri o non sono così sicuri di potercelo dire. Il “senza zucchero” industriale è spesso un rimedio peggiore del male.
Soluzioni per orientarsi
L’amica, ancora poco pratica di alternative naturali, voleva da me una soluzione per orientarsi tra gli zuccheri “sani”. Una, semplicissima, è quella di utilizzare il più possibile sostanze organiche così come sono presenti in natura, con la loro fibra integra. Per esempio molte torte possono essere dolcificate con una mela grattugiata. Nella polpa di mela non c’è mai una concentrazione esagerata di glucosio e quel poco viene metabolizzato lentamente grazie alla presenza della fibra.
La stevia ci dà la prova lampante dell’abisso tra dolcificante integro e raffinato. Il vero zucchero di stevia sono le foglie essiccate e tritate finemente, si trova in erboristeria o in negozi di alimentazione naturale. Mentre le pastigliette dolcificanti di stevia sono cellulosa con steviolo, il principio attivo della stevia in alta concentrazione. In qualche caso vengono addizionate con altri polialcoli per renderle più simili ai dolcificanti dietetici classici. La stevia, invece, come la mela, non ha controindicazioni, anzi, fa bene!
Rinunciare o non rinunciare?
“Allora rinuncio allo zucchero?” mi chiedeva disperata l’amica. Un passo raro, per pochi, anche se il migliore. Se invece vogliamo usare qualcosa che dolcifichi, dovremmo sapere per esempio che non c’è alcuna differenza tra l’utilizzare lo zucchero di canna o quello di barbabietola, il classico saccarosio bianco su cui tutti puntano il dito. Lo zucchero di canna non è più scuro perchè integrale, è solo il suo colore, e vale lo stesso per la melassa, il destrosio, lo sciroppo d’acero, i malti e gli sciroppi di riso e di mais, lo zucchero di cocco (anche se il suo carico glicemico è di poco inferiore agli altri zuccheri). Sono tutti composti che tenderanno alla demineralizzazione nei nostri sistemi biologici. Sono, sostanzialmente, solo una gratificazione sensoriale e, come dicono i nutrizionisti, “calorie vuote”: alto numero di calorie con un effetto nutritivo molto basso. Gli zuccheri poi, in qualunque forma, partecipano ai picchi glicemici come il bistrattato saccarosio e valgono anche per loro i danni da abuso, come per l’osannato sciroppo di agave. Questo è ottenuto dalla raffinazione dei succhi della pianta e l’altissima concentrazione di fruttosio, rispetto a qualunque frutto naturale (come in tutti gli zuccheri estratti), provoca fenomeni di glicazione non enzimatica, all’origine dell’invecchiamento dei tessuti e di patologie come diabete, cardiopatie, Alzheimer, retinopatie. Se ne facciamo un uso molto frequente, è ovvio.
Una questione di equilibrio
Spaventati? No, serve essere equilibrati! A parte patologie specifiche, nessuno ha grandi conseguenze se ogni tanto si concede un dolce, preferibilmente non industriale, in modo da poter controllare il tipo di edulcorante utilizzato. Ancor meglio se per dolcificare utilizziamo la frutta, oppure prodotti fermentati come l’amasake, una fermentazione del riso che ha un basso indice glicemico, circa un quarto degli zuccheri più comuni, o le foglie essiccate di stevia. Basta scegliere bene… con dolcezza per la nostra salute.
Il dolce dizionario
- Dolcificante di datteri macinati o di banane macinate: si utilizza prevalentemente nei dolci e nel muesli. Trattandosi di piccoli pezzi di frutta, non è indicato per le bevande.
- Fruttosio: è molto simile al saccarosio, solo che si estrae dalla frutta invece che dalla barbabietola. Va utilizzato in piccole dosi per l’alto indice glicemico.
- Maltosio, malti, melassa, concentrato di dattero e sciroppi di riso, di grano, d’orzo: hanno un indice glicemico simile allo zucchero; questo valore, a seconda delle lavorazioni e della tipologia di materia prima, può essere addirittura più alto del tradizionale semolato. Da evitare come dolcificante nelle bevande perché, data la consistenza viscosa, si rischia di utilizzarne di più rispetto agli zuccheri in polvere.
- Sciroppo di acero: può avere tre gradi di raffinazione, A, B o C, dal più raffinato al meno. Meglio scegliere il C, più ricco di minerali. L’uso a freddo è da preferire. Ad alte temperature tende a caramellare.
- Sciroppo o succo di agave: è il fruttosio della pianta, ha il vantaggio di essere neutro e incolore, adatto per non alterare i preparati. L’alta concentrazione di fruttosio lo rende simile ai malti.
- Stevia: è l’unico dolcificante senza calorie né apporto glicemico, si usa a freddo e a caldo. Con il calore sviluppa un retrogusto di liquirizia. La polvere da foglie ha un potere dolcificante fino a duecento volte maggiore dello zucchero, se ne usa quindi molto poca.
- Xilitolo: si presenta come il saccarosio e si usa in quantità identiche, ma ha un indice glicemico e un conteggio calorico inferiore di circa un terzo. Si può utilizzare anche nelle marmellate.
- Zucchero di canna integrale: in commercio ci sono zucchero bianco raffinato che arriva da barbabietole, zucchero di canna (che arriva da canna ed è raffinato) e zucchero di canna integrale. I primi due sono la stessa cosa, lo zucchero di canna anche se marroncino non è integrale ed è anzi, spesso, zucchero di barbabietola colorato. Dal punto di vista della tecnologia alimentare sono due alimenti distinti, ma dal punto di vista nutrizionale sono sovrapponibili. Lo zucchero di canna integrale invece, quello marroncino sabbioso e un po’ umido e con retrogusto amaro o di liquirizia, è leggermente migliore visto che contiene più fibre, ma fa parte degli zuccheri raffinati che sarebbe meglio utilizzare con molta parsimonia.
- Zucchero di cocco: ha l’aspetto e il gusto dello zucchero di canna integrale, il sentore di cocco è molto leggero. A caldo sviluppa un sapore deciso di caramello. Ha un indice glicemico un pò più basso del saccarosio e il vantaggio di un buon apporto di minerali e vitamine del gruppo B.
- Zucchero di foresta: estratto dalla linfa della Arenga Pinnata, è una novità per il mercato italiano. Ha un discreto contenuto di ferro e può essere impiegato sia a caldo che a freddo con le stesse dosi del saccarosio, ma ha un indice glicemico leggermente inferiore.
Improvvisa voglia di dolce? Date un’occhiata alla nostra sezione dedicata, ricette sane e super gustose!