di Elisa Orlandotti
…quando è meglio tenerlo lontano!
Il glutine è croce e delizia per molti di noi: piatti golosi alla base della nostra alimentazione come pizza, pasta e seitan ne contengono moltissimo, ma purtroppo l’eccesso nella dieta di questa proteina – frutto di selezioni ottenute sul grano Creso negli anni ’70 – può determinare nel nostro fisico non pochi problemi. Sempre più spesso sentiamo parlare di celiachia, di sensibilità al glutine e di allergia al grano, malattie vere e proprie che paiono comparire senza un perché da un giorno all’altro e che vengono diagnosticate a fatica. Andiamo da un’esperta per avere chiarimenti e capire se anche noi siamo soggetti a questi disturbi ed eventualmente come comportarci. La gentilissima dottoressa Micaela de Rubertis, biologa nutrizionista, esperta in dieta vegana e vegetariana risponde.
Quali sono le patologie correlate al glutine?
La sensibilità o intolleranza al glutine, detta anche gluten sensitivity, riguarda soprattutto gli adulti ed è caratterizzata da sintomi a carico dell’apparato digerente quali gonfiore, diarrea, dolori addominali, ma anche sensazione di mente annebbiata, cefalea e dolori articolari e muscolari. I sintomi compaiono generalmente entro pochi giorni o ore dalla ingestione di alimenti contenenti questa sostanza e si risolvono rapidamente escludendo dall’alimentazione tutti i cibi contenenti glutine. La differenza fra intolleranza e celiachia riguarda il modo in cui reagisce l’organismo: la celiachia è attivata da un meccanismo autoimmune, quando cioè il sistema immunitario acquisito attacca le stesse cellule dell’organismo, in questo caso le cellule dell’intestino, utilizzando le immunoglobuline di tipo A; ne è affetto circa l’1% della popolazione e dà sintomi tipicamente gastroenterici, dovuti all’appiattimento della mucosa intestinale. Il responsabile della sensibilità al glutine invece sembrerebbe essere piuttosto un meccanismo immunitario innato, che non interessa però la funzionalità della barriera intestinale. I sintomi possono essere molto eterogenei e difficilmente collegati all’ingestione di alimenti a base di glutine; si stima che colpisca il 15% della popolazione. L’allergia al grano invece è una reazione immunitaria mediata dalle immunoglobuline di tipo E e può essere dovuta al glutine, oppure a componenti diverse presenti nel grano stesso; interessa soprattutto, ma non solo, l’apparato respiratorio.
C’è modo per prevenirle?
In Italia e in altri paesi europei il consumo di glutine è molto elevato, pari circa a 10-20 g al giorno per persona. I vegani poi devono stare attenti: molti prodotti che mimano la carne (seitan o affettati vegetali) sono dei concentrati di glutine. Poiché esiste un rapporto diretto tra la quantità di glutine assunta e il rischio di sviluppare la celiachia, intolleranza e allergia, una possibilità preventiva sarebbe quella di ridurne il consumo e aumentare l’impiego di cereali meno tossici: varietà antiche di frumento, quali ad esempio il monococco (Einkorn), avrebbero una ridotta capacità di indurre la malattia celiaca poiché contengono una quantità di peptidi tossici notevolmente inferiore rispetto al grano tenero, che rappresenta il 90% dei consumi di grano. Un aspetto importante da considerare in merito alla prevenzione è l’alimentazione nelle prime fasi della vita. Numerosi dati indicano che l’allattamento al seno, specie se prolungato fino all’età di almeno 6 mesi, eserciti una funzione protettiva nei confronti dell’intolleranza al glutine, riducendone il rischio di circa il 50%. La pratica attuale è quella di introdurre alcuni cibi a base di glutine già attorno all’età di 6 mesi. Studi prospettici, tuttavia, suggerirebbero che l’introduzione precoce (prima dei 4 mesi compiuti) o tardiva (dopo i 6 mesi) di glutine possano entrambe favorire la comparsa di celiachia. Al contrario, non è ancora stato chiarito quale possa essere l’effetto di un’introduzione fortemente posticipata dei cereali contenenti glutine, ad esempio a partire dai 12 mesi, quando la barriera intestinale è più efficace nell’impedire l’assorbimento dei peptidi potenzialmente tossici. Le persone celiache, poi, hanno un particolare assetto genetico, quindi tutti coloro che presentano questo assetto pur senza manifestare i sintomi della malattia, sono dei potenziali celiaci. Un recente lavoro pubblicato su Journal of Proteome Research afferma che il celiaco potenziale deve seguire un’alimentazione e uno stile di vita senza glutine per prevenire la comparsa della malattia.
Se trascurate queste malattie cosa comportano?
Il rischio più grande è quello di sviluppare malattie autoimmuni quali tiroidite autoimmune (Hashimoto), sclerosi multipla, artrite reumatoide, morbo di Sjogren, vitiligine, lupus, etc. Inoltre, a causa dell’alterata funzionalità dell’intestino nella celiachia trascurata, l’assorbimento dei nutrienti è compromesso e si possono avere carenze importanti di vitamine, sali minerali, proteine ed energia.
Quali sintomi sono un campanello d’allarme e ci devono spingere a fare un controllo medico?
Per quanto riguarda i bambini, nella maggior parte dei casi la celiachia si evidenzia a distanza di circa qualche mese dall’introduzione del glutine nella dieta, con sintomi quali diarrea, vomito, anoressia, irritabilità, arresto della crescita o calo ponderale. Nelle forme che esordiscono tardivamente, dopo il 2°-3° anno di vita, la sintomatologia gastroenterica è per lo più sfumata e in genere prevalgono altri sintomi, quali: deficit nell’accrescimento della statura e/o del peso, ritardo dello sviluppo puberale, dolori addominali ricorrenti, anemia sideropenica, che non risponde alla somministrazione di ferro per via orale, alterata formazione dello smalto dentale. Nell’adulto le manifestazioni cliniche della celiachia sono molto varie: alcuni soggetti presentano un quadro classico di malassorbimento con diarrea, perdita di peso e carenze nutritive multiple; altri, invece, riferiscono uno o più sintomi cronici spesso estranei all’apparato digerente. Sono comuni disturbi quali crampi, debolezza muscolare, formicolii, emorragie, gonfiore alle caviglie, dolori ossei, facilità alle fratture, alterazioni cutanee, afte, disturbi psichici. Molto frequente è l’anemia da carenza di ferro. I sintomi dell’intolleranza al glutine sono estremamente eterogenei e difficili da individuare perché si possono presentare anche a distanza di giorni dall’ingestione del glutine: dolore addominale, bruciore epigastrico, nausea e vomito, borborigmi, gonfiore addominale, stipsi, diarrea, eczema/rush cutaneo, mal di testa, mente annebbiata, senso di affaticamento, anemia, intorpidimento degli arti e dolori articolari, glossite, cicli mestruali irregolari, sindrome premestruale, crampi mestruali intensi, aborti e infertilità, etc. La presenza di una o più malattie autoimmuni deve far fortemente sospettare un’intolleranza al glutine. I sintomi dell’allergia al grano sono invece i classici sintomi, che si presentano poco dopo l’ingestione dell’alimento, da pochi minuti a qualche ora: gonfiore, prurito o irritazione della bocca o della gola, orticaria, prurito o gonfiore della pelle, congestione nasale, mal di testa, prurito agli occhi e lacrimazione, difficoltà di respirazione, crampi, nausea o vomito, diarrea, anafilassi.
Bisogna fare esami clinici per stabilire che tipo di malattia si ha? Quali?
Per indagare la presenza di celiachia la diagnostica sierologica si avvale oggi dei seguenti dosaggi anticorpali, eseguiti in seguito a prelievo del sangue: gli AGA (anticorpi anti-gliadina di classe IgA e IgG), gli EMA (anticorpi anti-endomisio di classe IgA), e i tTG (anticorpi anti-transglutaminasi tissutale di classe IgA). La biopsia intestinale serve a capire quale sia lo stato della mucosa intestinale: i villi sono delle piccole estroflessioni dell’intestino che hanno la funzione di aumentare la superficie di assorbimento dei nutrienti; nella celiachia questi villi diventano piatti, limitando notevolmente l’assorbimento e quindi la funzionalità dell’intestino. Dopo aver accertato la presenza di IgA nel sangue, la biopsia è fondamentale per confermare la diagnosi di celiachia. Per l’allergia al grano, dovuta al glutine e non, si cercano nel sangue le IgE anti-grano e anti-glutine. L’intolleranza al glutine è invece più difficile da scoprire in quanto non esistono ancora test affidabili di laboratorio che possano individuarla; l’unico modo è di escludere dalla dieta questi alimenti – se si sospetta l’intolleranza in seguito al riconoscimento dei sintomi – e osservare le reazioni dell’organismo. Se si presentano forti sintomi di disintossicazione come naso che cola, stanchezza, aumento dell’evacuazione, peggioramento delle condizioni fisiche, nervosismo, crisi di astinenza, etc. è consigliabile proseguire con l’astensione dagli alimenti contenenti glutine.
E’ vero che l’unico rimedio a celiachia, allergia al grano e intolleranza al glutine è eliminare il glutine dalla propria dieta?
Sì, non esistono alternative. Gli intolleranti possono consumare prodotti senza glutine che non presentino la spiga barrata, naturalmente privi di glutine, oppure nei quali vi sia scritto può contenere tracce di glutine o confezionato in uno stabilimento che usa glutine. I celiaci e gli allergici al grano dovrebbero usare gli alimenti con la spiga barrata, che assicurano assenza totale di contaminazione. E’ meglio scegliere cibi più semplici possibile, con pochi ingredienti e poche manipolazioni, variando tra riso integrale, polenta, grano saraceno, amaranto, miglio, quinoa ed evitando alimenti industriali che ricordano i sapori del passato attraverso dei sostituti che spesso contengono ingredienti malsani quali olio vegetale idrogenato o di palma, aromi, conservanti, etc.
Nel caso d’intolleranza al glutine si può guarire?
E’ un argomento ancora dibattuto: in seguito a un lungo periodo di astensione dal glutine si può valutarne la reintroduzione, stando estremamente attenti ai minimi segnali di fastidio per capire quale sia il livello tollerato. Ho comunque potuto osservare che il benessere percepito in seguito all’eliminazione del glutine è talmente grande da fornire una buona motivazione al paziente per non reintrodurlo o concedersi solo rare eccezioni.
Nel caso di intolleranza al glutine è vero che è meglio comunque assumerne in minime quantità per evitare che la malattia si trasformi in celiachia?
No, soprattutto se si parte da una condizione di malattia autoimmune, perché ogni volta che si introduce del glutine si innesca un’infiammazione che potrebbe far progredire la malattia.
Se uno sta bene può togliersi il glutine per prevenzione?
Fa bene a chiunque astenersi per un certo periodo dal glutine o ridurne il consumo: nella nostra società consumiamo quotidianamente una quantità eccessiva di prodotti a base di glutine che comunque risultano di difficile digestione.
Perché è così difficile eliminare il glutine?
Questa proteina contiene peptidi che agiscono in modo simile agli zuccheri, come gli oppiacei e i latticini, e provoca quindi euforia, soppressione del dolore e dell’ansia. L’astensione dal glutine, in maniera analoga all’astensione dalle droghe, può provocare quindi vere e proprie crisi di astinenza e rendere molto difficile questa scelta.