di Grazia Cacciola
Sarà che l’ora dello snack, il pasto della giornata a cui diamo spesso meno importanza, è sorprendentemente quello che può dirci di più su com’è cambiata, e cambia, la nostra società?”
Erano gli anni Ottanta e Milano era attraversata da moti salutistici che spesso sfociavano nell’esoterismo. Tra questi elementi misterici, c’erano certi fermenti che venivano regalati senza grandi spiegazioni scientifiche, ma accompagnati da racconti di mirabolanti benefici. C’era “il fungo dell’amicizia” che anni dopo a Londra ritrovai come “scoby” e oggi è “la madre del kombucha”.
Ieri e oggi a confronto
Adesso con Internet è tutto molto più semplice, quantomeno nel reperimento di informazioni sul che cosa sia lo strano essere vivente che ci stiamo mettendo in casa. Ai tempi invece era necessario affidarsi alle spiegazioni, non di rado surreali, fornite dal donatore. A ogni nuovo arrivo, mia nonna, vissuta all’epoca delle grandi dispense di conserve, veniva interpellata per capire cosa fosse il novello portatore di giovevoli virtù.
Il bisnonno ha sempre ragione
Nella maggior parte dei casi guardava, annusava e sentenziava allibita: “L’è cagiàda”. È cagliata. Per lei, dallo yogurt al kefir, era tutto cagliata. Suo padre, che con non poca fatica si era ostinato a fare in casa lo yogurt per anni, dopo un viaggio in Grecia, aveva finito per ossessionare tutta la famiglia con le temperature della dispensa e sbottava ogni volta che la moglie o le domestiche non seguivano le sue indicazioni, magari dimenticando una porta aperta in estate o lasciando il vaso troppo vicino a un camino in inverno.
Kefir
Lo yogurt “andava in acido” nottetempo e il bisnonno doveva ricominciare tutto il procedimento recuperando i fermenti, cosa che lo rendeva intrattabile per giorni. Questo yogurt, all’inizio del Novecento, era considerato un alimento esotico e dalle mille virtù. Il bisnonno, per giustificare questa sua mania, tuonava: “Fa benissimo! Lo prende la Regina Elena a colazione! Lo beve la Regina!” Di conseguenza, di generazione in generazione, in casa mia si era tramandata l’idea che tutto ciò che era “cagiàda” fosse non solo salutare ma anche difficilissimo da fare e, in caso di errori, si poteva pensare di sentir tuonare il bisnonno dall’aldilà: “M’han rovinato la cagiàda, tutto il mio yogurt in acido!” Il terrore.
Un giorno mia madre arrivò a casa con i granuli di kefir, regalo di un’amica che naturalmente aveva aggiunto il solito corredo di istruzioni misteriche per questo ennesimo elisir. Non le ricordo esattamente, ma comprendevano anche il tenere il vaso di kefir al buio e seguire le fasi lunari. Mia nonna, alla sua vista, sobbalzò: era proprio quello, lo yogurt di suo padre! Proprio quei granuli semitrasparenti che doveva recuperare e filtrare da un vaso all’altro. Non ne volle sapere nulla, tenerli in vita la ricordava ancora come un’impresa epica e fonte di bagarre domestiche. Così dopo un po’ sparirono anche questi granuli, insieme ai funghi dell’amicizia, alle alghe dell’eterna giovinezza e al lievito contro i brufoli. Alcuni di questi aspetto ancora di scoprire cosa fossero in realtà.
Vegan Kefir
Quando, un po’ di anni fa, mi misi in cerca dei granuli di kefir per provare una produzione vegan, cercavo anche di liberarmi dal retaggio familiare di paura nei confronti di questo fermento. Quando li portai a casa seguii le istruzioni con attenzione: arrivavano dal libro di una biologa inglese. Preparai il primo invaso la sera, con latte di soia fatto in casa e un po’ di zucchero, dato che la fermentazione del kefir ha bisogno di una base zuccherina quasi del tutto assente nel latte di soia. Devo ammetterlo: mi alzai tre volte quella notte per controllare la temperatura. Alle prime luci dell’alba sognai il bisnonno con i baffoni a manubrio, come nella foto che aveva la nonna. Mi svegliava dicendo di andare a controllare lo yogurt e io rispondevo: “Si chiama kefir. Se aggiungi lo zucchero è più difficile che vada in acido”.
Mentre gustavo il mio primo kefir vegan, sentivo tre generazioni sorridere benevole e il timore per i fermenti finalmente dissolta.
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