Studio come programmare gli esseri umani e modificarne la percezione.
di Fabio Zaccaria
Matteo Flora ha 41 anni, si veste in total black e indossa occhiali con la montatura rossa. Sembra una persona comune quando ci imbattiamo in lui sui social network o in giro per Milano mentre sfreccia con la sua bicicletta richiudibile che si porta anche sui mezzi pubblici per correre da un appuntamento a un altro impattando il meno possibile sull’ambiente. Ha una voce calma e rassicurante, ma parole taglienti come lame e giudizi categorici.
È docente in Corporate Reputation & Storytelling all’Università degli studi di Pavia, fondatore della società leader a livello europeo in reputazione digitale The Fool, selezionato dal Congresso degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Obama tra i “Leader del futuro” e consulente del Consiglio europeo sui temi della propaganda online. La sua attuale passione: la comunicazione on e off line.
Ha scelto di essere vegano anni fa “[…] per motivi etici – racconta a FunnyVegan – anche se da quando seguo una dieta rigorosamente plant-based non so neppure più cosa sia un’allergia e ho un’energia che mi consente di sostenere i ritmi terribilmente serrati che i miei troppi lavori mi impongono”.
Nonostante i mille impegni riusciamo a strappargli un’intervista: disponibile al dialogo e al sorriso, ci racconta dei libri che lo hanno appassionato e commenta le ultime novità della politica. Sempre aggiornato.
“Dopo anni passati a occuparmi di sicurezza informatica e programmazione per computer – racconta – ora invece studio come programmare gli esseri umani e modificarne la percezione. Il mio mestiere, quello che vengo pagato per fare al di fuori dell’ambiente accademico, è comprendere come il pubblico percepisce da un punto di vista valoriale le aziende o anche i singoli clienti che si rivolgono a me; l’obiettivo è quello di migliorarne la reputazione applicando l’analisi valoriale alla conoscenza strategica dei mercati. Per capirci: in un mondo in cui più nessuno può definirsi un vero monopolista in alcun settore del mercato, l’unico vero modo per conquistare nuovi clienti è saperne interpretare e incarnare i valori e usarli a proprio vantaggio”. L’affermazione spaventa e Flora ne è perfettamente consapevole: “So che può suonare estremamente cinico e meccanicista, ma le cose funzionano così e ci sono l’elezione di Trump e la forza comunicativa di Salvini a dimostrarlo.
Ma c’è anche un rovescio della medaglia: visto che lo scopo di un’azienda è quello di fare business, se le diamo gli adeguati incentivi per evolversi in modo etico, essa lo farà. È per questa ragione che negli ultimi anni gli scaffali dei supermercati si sono riempiti di prodotti cruelty free e non certo perché una mattina gli amministratori delegati di metà delle aziende del mondo si sono svegliati con un cuore d’oro e un amore incondizionato per gli animali. È successo perché si è capito che quella era una fetta di mercato economicamente appetibile e si è deciso di farci dei soldi”.
Matteo ha un approccio estremamente pragmatico, che però sottende moltissime letture e visioni che l’esperto ha studiato in modo critico, interiorizzandole e attualizzandole. Concentra molte delle sue energie per far sì che la società diventi più gentile nei confronti del prossimo, umano e non, e dell’ambiente. Vorrebbe che i vegani fossero meno duri e puri per pensare concretamente al bene degli animali “[…] che si ottiene con una strategia di trasformazione di lungo periodo. Il boicottare, ad esempio, i prodotti plant-based di Granarolo o la linea di cosmetici cruelty free di L’Oreal e Lancôme arreca un danno economico all’azienda e la spinge inevitabilmente a continuare la produzione tradizionale a sfavore di quella vegana”.
Colpevolizzare le persone poi, secondo l’esperto, non aiuta la causa: “Far sentire un onnivoro in colpa perché mangia la carne è una perdita di tempo nella maggioranza dei casi. Un esempio che porto ai miei studenti in università è quello di Gillette. Due anni fa, sull’onda del movimento #meetoo, ha lanciato una campagna pubblicitaria in cui mostrava i comportamenti quotidiani che moltissimi uomini mettono in atto e che possono essere interpretati come molestie. Hanno, insomma, cercato di far sentire in colpa i propri clienti dicendo loro: guardate che potete essere meglio di così. Bene: la campagna è stata a tal punto fallimentare che ha fatto perdere a Gillette significative quote di mercato e milioni e milioni di dollari. Tutto per un errore comunicativo onestamente imbarazzante”.
Una strada alternativa, per Flora, c’è, ed è segnata dal modo stesso in cui funziona la nostra mente, da come si formano i valori nel corso della vita e da come reagiamo agli stimoli che ci vengono offerti. Insomma: da come è programmato il cervello umano: “Le nostre azioni – conclude – si basano su una serie di comportamenti che riteniamo accettabili, i comportamenti sui pregiudizi, i pregiudizi sui valori. E questi ultimi si formano in due fasi: dagli zero ai sette anni e poi si sviluppano dai sette ai dodici. Da lì in poi, scardinare o anche solo modificare quei valori ‘di base’ è praticamente impossibile. Quindi, se una persona non ha coltivato un approccio compassionevole verso gli animali in quell’età, non riusciremo a farla sentire in colpa per quello che succede negli allevamenti intensivi, non importa quante immagini terribili gli faremo vedere. Quel genere di approccio, quello tipico delle campagne di awareness, quelle che ti spingono a vedere le cose sotto una luce diversa, funziona solo con chi condivide già i tuoi principi etici, ma per le più diverse ragioni teneva la testa nascosta nella sabbia. Per gli altri, invece, la strategia deve necessariamente essere diversa.
Se vogliamo davvero avviare delle campagne trasformative su scala planetaria, dobbiamo fare leva su altri fattori, creare valori più importanti di quelli che le persone già possiedono: fare leva sul fatto che non mangiare carne ti fa stare meglio, che è più ecosostenibile o anche solo che è più trendy o più elegante. È necessario sfruttare una narrazione valoriale che si inserisca nei loro core value o che ne crei di più importanti, non certo che provi a cancellare quelli, quasi inamovibili, con cui sono cresciuti. Dobbiamo fornire alternative accattivanti, non solamente proporre immagini che disgustano.
So di essere cinico, è vero, ma a me interessa molto di più cambiare l’intera società piuttosto che fare l’intransigente difensore dell’ortodossia vegana”.