di Fabio Zaccaria
Il parere della comunità scientifica è ormai unanime: perché il pianeta possa rimanere abitabile per le future generazioni, dobbiamo ridurre drasticamente lʼemissione di anidride carbonica. O, in alternativa, aumentarne in modo esponenziale il consumo. Ed è proprio questa seconda strada quella scelta da alcuni progetti pionieristici che in inglese vanno sotto il nome di “Regenerative Ocean Farming”, ovvero la promozione di idrocolture che siano capaci non solo di contenere i livelli dʼinquinamento dellʼaria e dellʼacqua, ma che contribuiscano attivamente a diminuirli. Fra questi, Scientific American ha dedicato uno speciale a GreenWave, azienda fondata da Bren Smith e attiva tra lo stato di New York e il Connecticut. Pescatore di lungo corso, Smith ha letteralmente cambiato vita, guadagnandosi in pochi anni una straordinaria attenzione mediatica: nel 2017 è stato nominato da Rolling Stone come una delle “25 persone che daranno forma al futuro”, mentre il Time ha classificato la sua invenzione, il “3D Ocean Farming”, fra le migliori del 2017. Lʼidea alla base del progetto è estremamente semplice, come spiega lui stesso: “Le alghe non hanno bisogno di essere nutrite: crescono semplicemente grazie alla luce del sole e alle sostanze nutritive che già si trovano disciolte nellʼacqua di mare. Non servono acqua fresca, deforestazione, fertilizzanti né antibiotici e in più sono in grado di creare un ottimo ecosistema per la proliferazione di altre specie”.
Secondo i dati più comunemente accettati, lʼoceano assorbe attualmente circa il 40% dellʼanidride carbonica rilasciata in atmosfera. Attività che però ne ha comportato, soprattutto negli ultimi decenni, una significativa acidificazione. “Fare in modo che questa CO2 venga assorbita dalle alghe, invece che disciolta in mare, garantirebbe la produzione di alimenti di qualità, offrendo contemporaneamente una risposta a un grave problema climatico” prosegue Smith. Cercare di ottenere gli stessi effetti con la riforestazione (che inevitabilmente prevede la sostituzione delle monocolture che adesso rappresentano la maggior parte della produzione agricola mondiale con foreste e ambienti naturali) secondo alcuni studi avrebbe un effetto collaterale inatteso e insostenibile: lʼaumento esponenziale del costo del cibo. La risposta, per lʼex pescatore, sta quindi nelle alghe: “Possono crescere fino a trenta centimetri al giorno, diminuendo significativamente lʼacidificazione dellʼacqua. Un solo acro di mare coltivato in questo modo può produrre venticinque tonnellate di ottimo cibo allʼanno”.
Una soluzione win-win, per lʼuomo e per la natura. Sul fatto che le alghe abbiano importanti qualità nutritive non ci sono dubbi, ma questo è solo un aspetto: ci sono studi che stanno valutando lʼopportunità di trasformare le alghe in biocarburante (pur se le soluzioni per ora adottate, nonostante siano fino a trenta volte più efficienti di quelle sperimentate con la soia e cinque volte rispetto al grano, non appaiono economicamente vantaggiose), così come in fertilizzanti per il terreno, in materiali tessili o per l’arredo. “Lʼanidride carbonica – spiega Smith – non è il nemico. Dalla fotosintesi alla produzione di energia per gli ecosistemi, la sua presenza è fondamentale e rappresenta la spina dorsale della vita. Grazie alle alghe, possiamo diminuirne la concentrazione in acqua e in aria, alimentarci in modo sano e aiutare il nostro pianeta a guarire. E non si tratta di favole da hippie, ma di soluzioni concretamente percorribili per nutrire il mondo intero”. Quello che serve, per Smith, è un vero e profondo coinvolgimento globale. Non possiamo aspettarci che siano le compagnie petrolifere a decidere di non usare più gli oli minerali, almeno fino a quando la produzione di carburante da altre fonti non risulterà più economica, o che siano gli allevatori a chiudere i mattatoi.
Ma quello che possiamo fare è renderci conto che ogni nostro piccolo gesto è importante: per esempio, ricordandoci che le alghe sono un ottimo alimento ogni volta che andiamo a fare la spesa. Ognuno di noi può essere parte del mutamento, soprattutto dando il proprio contributo a quelle aziende che in questi cambiamenti credono davvero”.
Vegan Sushi
Una buona notizia per noi amanti della cucina vegetale: la catena di chioschi Sushi Daily, presente in undici paesi europei, inserisce nuove proposte veggie nel suo menu formato da sushi fresco handmade di qualità. Lo fa alla luce dei dati forniti dallo European Data Journalism Network, secondo i quali le vendite dei prodotti “alternativi” alle proteine animali hanno visto una crescita esponenziale del 451% negli ultimi cinque anni, nell’intero mercato europeo, con una previsione entro il 2022 di un fatturato di circa sei miliardi di euro.
Le nuove proposte Sushi Loves Veggie sono incluse nel menu di Sushi Daily 2020 e spaziano tra Futomaki, Roll, Maki, Bowl e Sides: uno dei due New Futomaki Veggie, per esempio, viene realizzato con un mix di riso integrale e quinoa rossa, cetriolo, avocado, erba cipollina e carote, mentre nel nuovo Dragon Earth Bowl troviamo un mix di riso integrale e quinoa rossa, cipolla rossa sottaceto, cetriolo sottaceto, carote, semi di melograno, fagioli edamame e wakame.