Che non vi venga in mente di consigliare ai vostri lettori di andare a farsi una passeggiata sui ghiacciai”.
di Fabio Zaccaria
Non ha il minimo dubbio Matteo Mattavelli, 34 anni, assegnista di ricerca in campo ambientale con competenze specifiche in glaciologia a Milano Bicocca. “Sui ghiacciai ci salgono solo gli alpinisti con enorme esperienza – ha chiarito – oppure ci si va accompagnati da una guida certificata e all’interno di escursioni organizzate. Le situazioni di pericolo sono tali e tante che non vale neppure la pena di stare a elencarle. In inverno le nevicate possono nascondere i crepacci, così come in tardo inverno e inizio primavera aumenta considerevolmente il rischio di valanghe e slavine. In estate invece il pericolo maggiore è rappresentato dai crolli frontali o dalla possibilità di scivolamento per via dell’acqua di fusione. E poi ci sono moltissime passeggiate, queste sì alla portata di tutti, che possono far conoscere la magia di questi giganti senza che nessuno corra rischi inutili; ma sempre, anche in questo caso, con la raccomandazione di tenersi a una distanza di sicurezza dalla fronte del ghiacciaio”.
È di queste esplorazioni che ci parla Mattavelli: gite fuoriporta, alcune addirittura alla portata di bambini e anziani, che ci mettono faccia a faccia con questi monumenti di ghiaccio che attraversano i millenni. Dal Rosa al Monte Bianco, ma anche sulle Alpi Orobie e sul Bernina, in un viaggio affascinante tra laghi proglaciali, torrenti gelidi e grotte dai colori incredibili.
“Fra le escursioni in assoluto più spettacolari – spiega Mattavelli – mi sento sicuramente di consigliare quella che da Gressoney porta alle sorgenti del Lys, ai piedi del ghiacciaio del Rosa. Si tratta di uno dei pochi ghiacciai ai quali è possibile avvicinarsi senza troppa fatica riuscendo comunque ad ammirarne la maestosità. Ce la si cava in un paio d’ore e per arrivare al lago proglaciale si deve affrontare un dislivello di circa 600 metri: i panorami sono straordinari e l’imponenza del ghiacciaio perenne è davvero impressionante. Lungo il cammino, che per vasti tratti si snoda tra prati e boschi, si possono ammirare i seracchi del ghiacciaio che scendono dal massiccio del Rosa, in fondo ai quali si trova il piccolo lago che dà origine al Lys. Non è raro, soprattutto lungo il tratto finale del percorso, sentire anche il rombo dei crolli di ghiaccio. Altra meravigliosa opportunità è quella offerta dall’Aletsch, il più grande ghiacciaio alpino, un gigante di oltre ventitré chilometri di estensione. In questo caso, forse, il mio consiglio è di organizzarsi con l’assistenza di una guida e di affrontare il ghiacciaio vero e proprio, ma anche solo l’esperienza di percorrere il largo sentiero scolpito nella roccia che si arrampica fino al Lago di Märjelen è di per sé estremamente suggestiva. Durante la passeggiata è affascinante vedere come il ghiacciaio ha plasmato il paesaggio dell’Aletsch Arena, lasciando i picchi del Bettmerhorn e dell’Eggishorn, gli unici a emergere durante l’ultima glaciazione di circa diciottomila anni fa, con le loro forme spigolose, e disegnando con linee sinuose il resto della valle”. Gli itinerari possibili sono svariati, ma fra i più spettacolari e affrontabili anche da camminatori non esperti c’è la “Grande escursione dei tre laghi”.
Mattavelli consiglia anche, almeno ai lombardi, di non farsi sfuggire le camminate lungo i numerosi sentieri gestiti dal Servizio glaciologico lombardo. “Si tratta – sottolineano dall’ufficio stampa dell’associazione, costituitasi nel 1992 – di una proposta di fruizione intelligente dell’ambiente alpino. Con un impatto ambientale pressoché nullo, il visitatore è guidato in luoghi di straordinaria bellezza, alla scoperta e all’osservazione di una serie di elementi naturali legati al passaggio dei ghiacciai. Grazie alla presenza di targhe e cartelli esplicativi, permettono di capire gli elementi e i processi naturali che caratterizzano l’ambiente alpino”.
Sempre in Lombardia, sulle Alpi Orobie, si trova invece la Vedretta del Lupo, appena al di sotto del Passo Coca. “Si tratta – precisa Mattavelli – del ghiacciaio orobico con i maggiori accumuli nevosi annui. Può essere raggiunto sia dal versante bergamasco che dal versante valtellinese. È un percorso che richiede un minimo di preparazione, ma è davvero molto suggestivo e la presenza del vicino bivacco Corti consente anche di passarvi la notte. Lo scenario circostante è poi caratterizzato dalla ruvida bellezza delle Orobie”. Altra passeggiata da non perdere è poi quella che arriva ai piedi del ghiacciaio del Morteratsch. “Alle spalle del massiccio del Bernina – prosegue Mattavelli – lo si raggiunge prendendo il Trenino Rosso, che con i suoi paesaggi mozzafiato già di per sé varrebbe il viaggio. Si tratta di una camminata di un’oretta, quasi in piano, all’interno del canyon formato dai cordoni morenici: praticamente si procede nella valle scavata dal ghiacciaio. Lungo il tragitto diversi pannelli forniscono una serie di informazioni sulla sua storia e sul suo graduale ritiro negli anni, fino ad arrivare alla meta: l’enorme lingua del ghiacciaio”.
Che non vi venga in mente di consigliare ai vostri lettori di andare a farsi una passeggiata sui ghiacciai”.
di Fabio Zaccaria
Non ha il minimo dubbio Matteo Mattavelli, 34 anni, assegnista di ricerca in campo ambientale con competenze specifiche in glaciologia a Milano Bicocca. “Sui ghiacciai ci salgono solo gli alpinisti con enorme esperienza – ha chiarito – oppure ci si va accompagnati da una guida certificata e all’interno di escursioni organizzate. Le situazioni di pericolo sono tali e tante che non vale neppure la pena di stare a elencarle. In inverno le nevicate possono nascondere i crepacci, così come in tardo inverno e inizio primavera aumenta considerevolmente il rischio di valanghe e slavine. In estate invece il pericolo maggiore è rappresentato dai crolli frontali o dalla possibilità di scivolamento per via dell’acqua di fusione. E poi ci sono moltissime passeggiate, queste sì alla portata di tutti, che possono far conoscere la magia di questi giganti senza che nessuno corra rischi inutili; ma sempre, anche in questo caso, con la raccomandazione di tenersi a una distanza di sicurezza dalla fronte del ghiacciaio”.
È di queste esplorazioni che ci parla Mattavelli: gite fuoriporta, alcune addirittura alla portata di bambini e anziani, che ci mettono faccia a faccia con questi monumenti di ghiaccio che attraversano i millenni. Dal Rosa al Monte Bianco, ma anche sulle Alpi Orobie e sul Bernina, in un viaggio affascinante tra laghi proglaciali, torrenti gelidi e grotte dai colori incredibili.
“Fra le escursioni in assoluto più spettacolari – spiega Mattavelli – mi sento sicuramente di consigliare quella che da Gressoney porta alle sorgenti del Lys, ai piedi del ghiacciaio del Rosa. Si tratta di uno dei pochi ghiacciai ai quali è possibile avvicinarsi senza troppa fatica riuscendo comunque ad ammirarne la maestosità. Ce la si cava in un paio d’ore e per arrivare al lago proglaciale si deve affrontare un dislivello di circa 600 metri: i panorami sono straordinari e l’imponenza del ghiacciaio perenne è davvero impressionante. Lungo il cammino, che per vasti tratti si snoda tra prati e boschi, si possono ammirare i seracchi del ghiacciaio che scendono dal massiccio del Rosa, in fondo ai quali si trova il piccolo lago che dà origine al Lys. Non è raro, soprattutto lungo il tratto finale del percorso, sentire anche il rombo dei crolli di ghiaccio. Altra meravigliosa opportunità è quella offerta dall’Aletsch, il più grande ghiacciaio alpino, un gigante di oltre ventitré chilometri di estensione. In questo caso, forse, il mio consiglio è di organizzarsi con l’assistenza di una guida e di affrontare il ghiacciaio vero e proprio, ma anche solo l’esperienza di percorrere il largo sentiero scolpito nella roccia che si arrampica fino al Lago di Märjelen è di per sé estremamente suggestiva. Durante la passeggiata è affascinante vedere come il ghiacciaio ha plasmato il paesaggio dell’Aletsch Arena, lasciando i picchi del Bettmerhorn e dell’Eggishorn, gli unici a emergere durante l’ultima glaciazione di circa diciottomila anni fa, con le loro forme spigolose, e disegnando con linee sinuose il resto della valle”. Gli itinerari possibili sono svariati, ma fra i più spettacolari e affrontabili anche da camminatori non esperti c’è la “Grande escursione dei tre laghi”.
Mattavelli consiglia anche, almeno ai lombardi, di non farsi sfuggire le camminate lungo i numerosi sentieri gestiti dal Servizio glaciologico lombardo. “Si tratta – sottolineano dall’ufficio stampa dell’associazione, costituitasi nel 1992 – di una proposta di fruizione intelligente dell’ambiente alpino. Con un impatto ambientale pressoché nullo, il visitatore è guidato in luoghi di straordinaria bellezza, alla scoperta e all’osservazione di una serie di elementi naturali legati al passaggio dei ghiacciai. Grazie alla presenza di targhe e cartelli esplicativi, permettono di capire gli elementi e i processi naturali che caratterizzano l’ambiente alpino”.
Sempre in Lombardia, sulle Alpi Orobie, si trova invece la Vedretta del Lupo, appena al di sotto del Passo Coca. “Si tratta – precisa Mattavelli – del ghiacciaio orobico con i maggiori accumuli nevosi annui. Può essere raggiunto sia dal versante bergamasco che dal versante valtellinese. È un percorso che richiede un minimo di preparazione, ma è davvero molto suggestivo e la presenza del vicino bivacco Corti consente anche di passarvi la notte. Lo scenario circostante è poi caratterizzato dalla ruvida bellezza delle Orobie”. Altra passeggiata da non perdere è poi quella che arriva ai piedi del ghiacciaio del Morteratsch. “Alle spalle del massiccio del Bernina – prosegue Mattavelli – lo si raggiunge prendendo il Trenino Rosso, che con i suoi paesaggi mozzafiato già di per sé varrebbe il viaggio. Si tratta di una camminata di un’oretta, quasi in piano, all’interno del canyon formato dai cordoni morenici: praticamente si procede nella valle scavata dal ghiacciaio. Lungo il tragitto diversi pannelli forniscono una serie di informazioni sulla sua storia e sul suo graduale ritiro negli anni, fino ad arrivare alla meta: l’enorme lingua del ghiacciaio”.