di Rita Spangaro
Vegani sì, ma con giudizio. Se avete esagerato all’ultimo vegan-party e ora la digestione arranca. Se avete strafritto le fettine di tofu e vi sentite lo stomaco in fiamme. Se insistete a cenare tardi con peperoni bruscati, pomodori e cipolle, ostinandovi a ritenerle verdure di stagione e siete sorpresi perché qualcosa vi “torna su”… innanzitutto datevi una regolata. In secondo luogo, niente panico: tenere una liquirizia in tasca vi può dare una mano. Non lo dice l’ultimissima ricerca sbandierata da tutti i giornali. Lo dicono numerosi studi condotti negli ultimi decenni e accantonati a seguito della diffusione di massa di antiacidi, inibitori di pompa protonica e antagonisti dei recettori dell’istamina H2: farmaci non esenti da effetti collaterali.
C’è chi la ama e c’è chi la odia. Tutti la conoscono, ma pochi sanno che ha preziose virtù.
LENITIVA E CICATRIZZANTE
Impiegata a scopo terapeutico da più di cinquemila anni da indiani, cinesi, egiziani, greci e romani, che nel corso dei secoli ne hanno apprezzato le proprietà emollienti e lenitive sull’apparato respiratorio e gastrointestinale, la radice della pianta della liquirizia, o Glycyrrhiza glabra, è stata vero e proprio oggetto di studio a partire dagli anni Cinquanta. Nel 1946 un farmacista olandese aveva notato come i rimedi a base di questa leguminosa fossero particolarmente graditi ai clienti con ulcera gastrointestinale, che li ritenevano più efficaci di altri farmaci mirati, e pubblicò le sue osservazioni su una rivista medica. Di lì a poco alcuni studi pubblicati su Lancet e sul Journal of the American Medical Association dimostrarono le proprietà antiulcera di un estratto della liquirizia. Alla fine degli anni Settanta altri studi comparativi misero a confronto la liquirizia con i medicinali antiulcera allora più usati, la cimetidina e la ranitidina cloridrato e, a parità di risultati, la liquirizia risultò fornire migliore protezione contro le recidive. L’Irish Medical Journal pubblicò anche uno studio condotto per 12 settimane su 874 soggetti con ulcera duodenale che dimostrava come la liquirizia avesse portato a guarigioni più rapide della cimetidina e senza effetti collaterali. Si trattava in questo caso della forma deglicirrizinata della radice, indicata con l’acronimo DGL, ossia di un estratto ottenuto eliminando la glicirrizina, un composto che in alte dosi può provocare aumento di sodio nell’organismo e perdita di potassio, con conseguenti edemi e innalzamento della pressione sanguigna.
AZIONE A TRECENTOSESSANTA GRADI
Che si tratti della forma DGL, preferibile per chi soffre di pressione alta o insufficienza renale, oppure della radice tout court, la liquirizia aiuta a curare l’ulcera e ad alleviare i sintomi associati alla malattia da reflusso gastroesofageo. Con un meccanismo d’azione interessante: invece di inibire la produzione degli acidi gastrici come fanno i farmaci, causando alla lunga difficoltà digestive, stimola piuttosto i fisiologici meccanismi di difesa migliorando la quantità e la qualità delle molecole protettive di stomaco e intestino. Poiché aiuta a formare un sottile strato di difesa sulla mucosa gastrica, è utile anche come scudo contro l’effetto gastrolesivo di alcuni farmaci. Ma la liquirizia non ha solo proprietà immunostimolanti e lenitive. Grazie a dozzine di sostanze attive in essa contenute, tra cui in primis la controversa glicirrizina, ha anche virtù antiossidanti, antinfiammatorie, antiartritiche, antibatteriche, antivirali, epatoprotettive, antimicotiche, lassative, fluidificanti, espettoranti e perfino antistress. Un bell’infuso fumante alla liquirizia, insomma, magari in associazione con camomilla, malva, melissa o semi di finocchio, non darebbe soltanto sollievo allo stomaco ma aiuterebbe a combattere asma, tosse, catarro, mal di gola, stitichezza, afte, dolori, disturbi epatici, sindrome premestruale, disturbi della menopausa, depressione, insonnia. Chi più ne ha più ne metta.
SENZA ESAGERARE
È senza dubbio una radice magica. Ma attenzione a non strafare. Sconsigliata agli ipertesi, agli allergici alle leguminose e in gravidanza, quando è assunta ad alte dosi o per lunghi periodi può dare qualche problema di ritenzione idrica, affaticabilità muscolare, calo dell’appetito o può interagire con farmaci diuretici, antipertensivi, antiaritmici, cortisonici, insulina, lassativi e contraccettivi. Assunzioni fino a un milligrammo per chilo di peso corporeo al giorno, tuttavia, sono considerate sicure, anche per chi soffre di ipertensione. Oltre che come infuso la liquirizia si può assumere sotto forma di confetti di radice pura oppure di compresse, capsule o tavolette di estratto secco titolato in glicirrizina, il principio attivo più importante, che deve essere presente almeno al 4% per ottenere l’effetto terapeutico desiderato. Nessun beneficio, invece, da caramelle e dolci alla liquirizia che contengono soprattutto dolcificanti artificiali, addensanti, gomma arabica, stabilizzanti, coloranti e una insignificante percentuale di succo di liquirizia, spesso perfino sostituito con l’anice.
Sotto forma di infuso fumante o di confetti purissimi allevia i problemi di stomaco tipici della stagione fredda e lenisce al contempo tosse e mal di gola.
CARTA DI IDENTITÀ
La liquirizia è una pianta aromatica perenne originaria dell’Asia Minore, introdotta in Europa nel XV secolo. Il suo nome scientifico Glycyrrhiza glabra deriva dal greco glykys, che significa dolce, e rhiza, che vuol dire radice: è infatti 50-100 volte più dolce dello zucchero. Il termine glabra fa invece riferimento all’assenza di peluria sulle foglie. Rustica e resistente al gelo, fa parte della famiglia delle leguminose e cresce in altezza per circa un metro. Ha foglioline ellittiche verde brillante un po’ appiccicose e fiori tubolari viola-azzurro pallido riuniti in spighe che si schiudono in estate. A essere utilizzata come medicamento è la grossa e profonda radice legnosa, dalla corteccia marrone e dall’interno di colore giallo, che deve avere almeno tre o quattro anni. Una volta raccolta, in genere nel periodo autunnale, viene pulita, essiccata al sole, tagliata a pezzetti e conservata in un luogo asciutto.
DENTI NERI? NO, SANI
Siete tra quelli che non mangiano liquirizia perché hanno paura che macchi i denti come si dice accadesse a Napoleone, amante di questa dolce radice? Forse vi state dando la zappa sui piedi. Intanto il trucco sarebbe di minimizzare il tempo di contatto con la vostra bocca assumendola a stomaco vuoto al mattino, per rivestire al meglio la mucosa dello stomaco, dunque rimuoverla naturalmente facendo colazione e lavando infine i denti per togliere ogni residuo. Ma c’è di più. Secondo uno studio dell’Università di Edimburgo, pubblicato sulla rivista Chemical Communications, la liquirizia previene anche la carie. Si tratterebbe di un composto presente nella radice di questa pianta, il trans-chalcone, avente la capacità di neutralizzare un enzima chiave che fa prosperare i batteri responsabili della formazione della carie. Nello specifico impedirebbe la produzione del biofilm appiccicoso creato dai batteri in presenza di zuccheri e la sua trasformazione in acido lattico, corrosivo per i denti. Ovviamente il discorso non vale per la liquirizia raffinata di caramelle e bon bon, addizionati con zucchero e altre sostanze di sintesi che non permettono al trans-chalcone di svolgere la sua azione.
di Rita Spangaro
Vegani sì, ma con giudizio. Se avete esagerato all’ultimo vegan-party e ora la digestione arranca. Se avete strafritto le fettine di tofu e vi sentite lo stomaco in fiamme. Se insistete a cenare tardi con peperoni bruscati, pomodori e cipolle, ostinandovi a ritenerle verdure di stagione e siete sorpresi perché qualcosa vi “torna su”… innanzitutto datevi una regolata. In secondo luogo, niente panico: tenere una liquirizia in tasca vi può dare una mano. Non lo dice l’ultimissima ricerca sbandierata da tutti i giornali. Lo dicono numerosi studi condotti negli ultimi decenni e accantonati a seguito della diffusione di massa di antiacidi, inibitori di pompa protonica e antagonisti dei recettori dell’istamina H2: farmaci non esenti da effetti collaterali.
C’è chi la ama e c’è chi la odia. Tutti la conoscono, ma pochi sanno che ha preziose virtù.
LENITIVA E CICATRIZZANTE
Impiegata a scopo terapeutico da più di cinquemila anni da indiani, cinesi, egiziani, greci e romani, che nel corso dei secoli ne hanno apprezzato le proprietà emollienti e lenitive sull’apparato respiratorio e gastrointestinale, la radice della pianta della liquirizia, o Glycyrrhiza glabra, è stata vero e proprio oggetto di studio a partire dagli anni Cinquanta. Nel 1946 un farmacista olandese aveva notato come i rimedi a base di questa leguminosa fossero particolarmente graditi ai clienti con ulcera gastrointestinale, che li ritenevano più efficaci di altri farmaci mirati, e pubblicò le sue osservazioni su una rivista medica. Di lì a poco alcuni studi pubblicati su Lancet e sul Journal of the American Medical Association dimostrarono le proprietà antiulcera di un estratto della liquirizia. Alla fine degli anni Settanta altri studi comparativi misero a confronto la liquirizia con i medicinali antiulcera allora più usati, la cimetidina e la ranitidina cloridrato e, a parità di risultati, la liquirizia risultò fornire migliore protezione contro le recidive. L’Irish Medical Journal pubblicò anche uno studio condotto per 12 settimane su 874 soggetti con ulcera duodenale che dimostrava come la liquirizia avesse portato a guarigioni più rapide della cimetidina e senza effetti collaterali. Si trattava in questo caso della forma deglicirrizinata della radice, indicata con l’acronimo DGL, ossia di un estratto ottenuto eliminando la glicirrizina, un composto che in alte dosi può provocare aumento di sodio nell’organismo e perdita di potassio, con conseguenti edemi e innalzamento della pressione sanguigna.
AZIONE A TRECENTOSESSANTA GRADI
Che si tratti della forma DGL, preferibile per chi soffre di pressione alta o insufficienza renale, oppure della radice tout court, la liquirizia aiuta a curare l’ulcera e ad alleviare i sintomi associati alla malattia da reflusso gastroesofageo. Con un meccanismo d’azione interessante: invece di inibire la produzione degli acidi gastrici come fanno i farmaci, causando alla lunga difficoltà digestive, stimola piuttosto i fisiologici meccanismi di difesa migliorando la quantità e la qualità delle molecole protettive di stomaco e intestino. Poiché aiuta a formare un sottile strato di difesa sulla mucosa gastrica, è utile anche come scudo contro l’effetto gastrolesivo di alcuni farmaci. Ma la liquirizia non ha solo proprietà immunostimolanti e lenitive. Grazie a dozzine di sostanze attive in essa contenute, tra cui in primis la controversa glicirrizina, ha anche virtù antiossidanti, antinfiammatorie, antiartritiche, antibatteriche, antivirali, epatoprotettive, antimicotiche, lassative, fluidificanti, espettoranti e perfino antistress. Un bell’infuso fumante alla liquirizia, insomma, magari in associazione con camomilla, malva, melissa o semi di finocchio, non darebbe soltanto sollievo allo stomaco ma aiuterebbe a combattere asma, tosse, catarro, mal di gola, stitichezza, afte, dolori, disturbi epatici, sindrome premestruale, disturbi della menopausa, depressione, insonnia. Chi più ne ha più ne metta.
SENZA ESAGERARE
È senza dubbio una radice magica. Ma attenzione a non strafare. Sconsigliata agli ipertesi, agli allergici alle leguminose e in gravidanza, quando è assunta ad alte dosi o per lunghi periodi può dare qualche problema di ritenzione idrica, affaticabilità muscolare, calo dell’appetito o può interagire con farmaci diuretici, antipertensivi, antiaritmici, cortisonici, insulina, lassativi e contraccettivi. Assunzioni fino a un milligrammo per chilo di peso corporeo al giorno, tuttavia, sono considerate sicure, anche per chi soffre di ipertensione. Oltre che come infuso la liquirizia si può assumere sotto forma di confetti di radice pura oppure di compresse, capsule o tavolette di estratto secco titolato in glicirrizina, il principio attivo più importante, che deve essere presente almeno al 4% per ottenere l’effetto terapeutico desiderato. Nessun beneficio, invece, da caramelle e dolci alla liquirizia che contengono soprattutto dolcificanti artificiali, addensanti, gomma arabica, stabilizzanti, coloranti e una insignificante percentuale di succo di liquirizia, spesso perfino sostituito con l’anice.
Sotto forma di infuso fumante o di confetti purissimi allevia i problemi di stomaco tipici della stagione fredda e lenisce al contempo tosse e mal di gola.
CARTA DI IDENTITÀ
La liquirizia è una pianta aromatica perenne originaria dell’Asia Minore, introdotta in Europa nel XV secolo. Il suo nome scientifico Glycyrrhiza glabra deriva dal greco glykys, che significa dolce, e rhiza, che vuol dire radice: è infatti 50-100 volte più dolce dello zucchero. Il termine glabra fa invece riferimento all’assenza di peluria sulle foglie. Rustica e resistente al gelo, fa parte della famiglia delle leguminose e cresce in altezza per circa un metro. Ha foglioline ellittiche verde brillante un po’ appiccicose e fiori tubolari viola-azzurro pallido riuniti in spighe che si schiudono in estate. A essere utilizzata come medicamento è la grossa e profonda radice legnosa, dalla corteccia marrone e dall’interno di colore giallo, che deve avere almeno tre o quattro anni. Una volta raccolta, in genere nel periodo autunnale, viene pulita, essiccata al sole, tagliata a pezzetti e conservata in un luogo asciutto.
DENTI NERI? NO, SANI
Siete tra quelli che non mangiano liquirizia perché hanno paura che macchi i denti come si dice accadesse a Napoleone, amante di questa dolce radice? Forse vi state dando la zappa sui piedi. Intanto il trucco sarebbe di minimizzare il tempo di contatto con la vostra bocca assumendola a stomaco vuoto al mattino, per rivestire al meglio la mucosa dello stomaco, dunque rimuoverla naturalmente facendo colazione e lavando infine i denti per togliere ogni residuo. Ma c’è di più. Secondo uno studio dell’Università di Edimburgo, pubblicato sulla rivista Chemical Communications, la liquirizia previene anche la carie. Si tratterebbe di un composto presente nella radice di questa pianta, il trans-chalcone, avente la capacità di neutralizzare un enzima chiave che fa prosperare i batteri responsabili della formazione della carie. Nello specifico impedirebbe la produzione del biofilm appiccicoso creato dai batteri in presenza di zuccheri e la sua trasformazione in acido lattico, corrosivo per i denti. Ovviamente il discorso non vale per la liquirizia raffinata di caramelle e bon bon, addizionati con zucchero e altre sostanze di sintesi che non permettono al trans-chalcone di svolgere la sua azione.
Liquirizia in cucina? Date un’occhiata alla ricetta per fare biscotti salati con farcitura di crema di carota alla liquirizia con petali di fiordaliso.