Novembre, dodici mesi l’anno. È il mese dedicato alla salute maschile, in cui l’informazione medica si concentra nel fare arrivare all’opinione pubblica tutta una serie di dati e nozioni su alcune patologie che colpiscono l’uomo e che è possibile prevenire con pochi e semplici accorgimenti.
Argomenti tabù, ci chiediamo perché. Forse perché legati al sesso? O forse perché propri di chi — secondo uno slogan tanto vecchio quanto stupido — “non deve chiedere mai”… nemmeno al medico?!
Fondazione Umberto Veronesi
La Fondazione Umberto Veronesi, nata nel 2003 per promuovere il progresso scientifico, da anni è attenta al tema e, attraverso campagne mirate, cerca di combattere mali quali i tumori alla prostata e al testiticolo, ma non solo. Monica Maioli e Alessandro Vitale, rispettivamente direttrice generale e supervisore scientifico della Fondazione, si raccomandano: la salute maschile è importante, non solo a novembre, ma 365 giorni l’anno. Così abbiamo deciso di affrontare la questione con voi oggi.
Da quanto tempo Fondazione Veronesi si è concentrata sulla prevenzione al maschile?
Monica Maioli: Circa sette o otto anni fa abbiamo guardato i dati; i numeri dicevano che ci occupavamo tanto dei tumori femminili e dell’oncologia in generale, ma i tumori maschili erano molto alti. Bisognava iniziare a fare qualcosa per invertire la tendenza e combattere contro la mancanza di attitudine maschile alla prevenzione.
Tumore alla prostata e ai testicoli, se sommati, arrivano a quanti sono quelli del seno, cioè quaranta o quarantacinquemila, visto che trentaseimila sono quelli alla prostata, duemilatrecento quelli al testicolo, poi ce ne sono di minori. Accanto all’oncologia, ci sono anche altre forme, che non sono tumorali e che, se diagnosticate per tempo, possono essere curate o gestite; penso alle malattie sessualmente trasmissibili e ai problemi di infertilità, che a volte nascono dall’insorgenza del varicocele, una situazione molto banale che un tempo veniva intercettata durante le visite del servizio di leva e ora non è più soggetta a controlli.
Per l’uomo è molto difficile trattare questo tema: dal nostro osservatorio vediamo che la donna mette sul tavolo la sua esperienza di malattia, l’uomo tende a nasconderla. C’è bisogno di iniziare a rendere normale la prevenzione maschile: come le signore hanno imparato a fare il pap test, così i signori dovrebbero andare dall’urologo.
Cosa dovrebbe fare l’uomo di abitudine, in base all’età?
Alessandro Vitale: Prima di tutto deve far sì che, in qualche modo, l‘urologo diventi una figura di riferimento al maschile così come il ginecologo e il senologo lo sono al femminile.
Si consiglia, a grandi linee, la visita dall’urologo almeno una volta tra i diciotto e i venti anni, alla fine dello sviluppo, per verificare che durante la fase della giovinezza non siano insorti problemi di varia natura, tra cui il tumore al testicolo, abbastanza frequente sotto i cinquant’anni, oppure il varicocele, dilatazione anomala delle vene che si può correggere con un intervento di routine, prima che possa causare infertilità.
Un’altra visita è consigliata intorno ai trent’anni, più o meno il periodo che coincide con quello legato alla volontà di avere un figlio.
Sopra i quaranta bisogna farsi vedere una volta ogni due anni, per poi andare una volta all’anno, comunque seguendo quelli che sono i consigli dell’urologo, visto che più si matura più la prostata diventa un organo a cui prestare attenzione.
Quindi per l’uomo basta seguire questo calendario di visite?
Alessandro Vitale: La visita è lo strumento attraverso cui creare un percorso di consapevolezza e prevenzione; l’idea è non andare dal dottore soltanto quando si è doloranti, ma secondo le fasce di età, conoscendo quelli che sono i principali problemi che le caratterizzano, per poter intervenire in tempo qualora ce ne fosse bisogno.
Ci sono anche esami che però non sono di screening, quindi non vengono estesi alla popolazione generale, ma prescritti dal medico per indagare determinati casi. Faccio un esempio: il test del PSA è importante e serve a valutare la molecola che è l’antigene prostatico specifico, in qualche modo spia di una condizione di tumore alla prostata ma non necessariamente lo è; il dato va interpretato con l’ausilio dell’esperto, che può guardare la situazione familiare, il profilo di rischio e semmai prescrivere indagini successive.
Ci sono anche analisi che non sono prettamente maschili: quella più diffusa è la ricerca del sangue occulto nelle feci, test per verificare se c’è un tumore al colon retto, frequente soprattutto nella parte matura della vita. Colpisce sia uomini sia donne, per cui lo screening viene offerto, se non ricordo male, dai cinquanta fino verso ai sessantanove anni, una volta ogni due anni. Se il medico trova qualcosa che non va prescrive esami ulteriori come ad esempio la colonscopia.
In che modo si può vincere la resistenza nei confronti di chi non vuole andare dal medico?
Monica Maioli: Ancora molta della salute della famiglia è nelle mani della donna, che guarda al benessere di marito, figli e genitori. Certamente alcuni cominciano poco alla volta a essere autonomi perché, nella società come è evoluta oggi, non tutti hanno una compagna e perché si sta sdoganando il tema; continuare a parlarne porta a essere più sensibili.
Bisogna rimettere nelle mani delle persone quella che è la loro salute: devono diventare più consapevoli, avere meno paure o meno vergogna. Prima dire “Vado dall’urologo” significava mettere in evidenza un problema — e l’uomo non vuole esporre questo tipo di problema! — mentre oggi si sa che è una questione che spesso e volentieri si può risolvere.
È una condizione mentale: come chi fa attività sportiva deve sottoporsi alla visita cardiologica o come molti si fanno fare la mappatura dei nei dal dermatologo, il passaggio dall’urologo deve essere considerato da ognuno per il proprio benessere. La stessa cosa è capitata alle donne per l’esame al seno: un tempo non avevano voglia di fare la mammo e l’eco, temevano il responso e magari mettevano se stesse in secondo piano rispetto alle esigenze della famiglia, quindi rimandavano. Poi le cose sono cambiate e così accadrà anche per l’uomo. Bisogna cercare, poco alla volta, di abituarsi a questo tema.
Cosa spinge maggiormente l’uomo a prendere su di sé la responsabilità della propria salute?
Alessandro Vitale: Tempo fa abbiamo fatto un’indagine su una platea maschile attraverso Sky Tg24 per capire il rapporto degli uomini con la prevenzione. Abbiamo chiesto se si sottoponevano a controlli di routine, perché e quando. Il quadro che veniva fuori era abbastanza fosco e da allora non è cambiato molto: si ricorre al medico solo quando si sta male; una buona fetta di persone poi veniva spinta dalla compagna quando proprio non si poteva farne a meno.
Venendo alla domanda: il motivo principale per cui si va a fare una visita probabilmente è ancora la contingenza, che è esattamente il contrario dell’ottica di prevenzione che si dovrebbe cercare di costruire. Per invertire la tendenza è importante parlare di prevenzione maschile.
Educare alla prevenzione
Monica Maioli: Educare le persone alla prevenzione in ogni settore — da quello dentistico a quello cardiologico, passando per quello oncologico — è stata una piccola conquista avvenuta nel corso degli anni grazie al supporto di specifiche campagne, magari nate sotto la spinta di aziende che promuovono test gratuiti, cosa che all’inizio invoglia e magari permette di capire, di iniziare un percorso che riduce il rischio, il dolore e le spese perché… prevenire è meglio che curare! Attraverso la prevenzione è possibile salvare la vita, quindi è fondamentale essere in grado di programmare le opportune visite con il medico di base, o quello di riferimento, che impari a conoscere la familiarità, lo stile di vita e l’anamnesi in generale.
Alessandro Vitale: Ricordiamo sempre anche l’importanza della prevenzione primaria, cioè quella formata da tutti quegli stili di vita corretti che si possono mettere in campo per ridurre l’insorgenza delle patologie tumorali.
E qual è la prevenzione primaria da adottare?
Alessandro Vitale: Hanno un peso rilevante il non fumare e la buona alimentazione con alto contenuto di frutta e verdura (del grande potere dei cavoli, e in particolare dei broccoli, ne avevamo già parlato con proprio con Elena Dogliotti, ricercatrice e divulgatrice per Fondazione Umberto Veronesi, su FV magazine 48 NdA).
Il fumo ha un’incidenza considerevole nel tumore della prostata e preponderante in quello della vescica. È responsabile di circa un terzo di tutti i tumori complessivi e non solo di quello al polmone, per dare l’idea di quanto pesi come fattore di rischio. Quando parliamo di fumo consideriamo anche quello passivo, visto che le sostanze vengono inalate e danneggiano sia chi ha acceso la sigaretta sia chi è nella stessa stanza con lui o lei (ci riflettano bene gli adulti quando sono nella stessa casa con un bimbo e/o con un animale NdA).
Un consiglio generico, che vale anche per la prevenzione al maschile, è cercare di avere uno stile di vita il meno sedentario possibile per scongiurare l’eccesso ponderale; per quanto riguarda il tumore della prostata, in particolare, è meglio evitare una dieta ricca di grassi e di fritture, e anche astenersi il più possibile dall’alcol
Novembre, dodici mesi l’anno. È il mese dedicato alla salute maschile, in cui l’informazione medica si concentra nel fare arrivare all’opinione pubblica tutta una serie di dati e nozioni su alcune patologie che colpiscono l’uomo e che è possibile prevenire con pochi e semplici accorgimenti.
Argomenti tabù, ci chiediamo perché. Forse perché legati al sesso? O forse perché propri di chi — secondo uno slogan tanto vecchio quanto stupido — “non deve chiedere mai”… nemmeno al medico?!
Fondazione Umberto Veronesi
La Fondazione Umberto Veronesi, nata nel 2003 per promuovere il progresso scientifico, da anni è attenta al tema e, attraverso campagne mirate, cerca di combattere mali quali i tumori alla prostata e al testiticolo, ma non solo. Monica Maioli e Alessandro Vitale, rispettivamente direttrice generale e supervisore scientifico della Fondazione, si raccomandano: la salute maschile è importante, non solo a novembre, ma 365 giorni l’anno. Così abbiamo deciso di affrontare la questione con voi oggi.
Da quanto tempo Fondazione Veronesi si è concentrata sulla prevenzione al maschile?
Monica Maioli: Circa sette o otto anni fa abbiamo guardato i dati; i numeri dicevano che ci occupavamo tanto dei tumori femminili e dell’oncologia in generale, ma i tumori maschili erano molto alti. Bisognava iniziare a fare qualcosa per invertire la tendenza e combattere contro la mancanza di attitudine maschile alla prevenzione.
Tumore alla prostata e ai testicoli, se sommati, arrivano a quanti sono quelli del seno, cioè quaranta o quarantacinquemila, visto che trentaseimila sono quelli alla prostata, duemilatrecento quelli al testicolo, poi ce ne sono di minori. Accanto all’oncologia, ci sono anche altre forme, che non sono tumorali e che, se diagnosticate per tempo, possono essere curate o gestite; penso alle malattie sessualmente trasmissibili e ai problemi di infertilità, che a volte nascono dall’insorgenza del varicocele, una situazione molto banale che un tempo veniva intercettata durante le visite del servizio di leva e ora non è più soggetta a controlli.
Per l’uomo è molto difficile trattare questo tema: dal nostro osservatorio vediamo che la donna mette sul tavolo la sua esperienza di malattia, l’uomo tende a nasconderla. C’è bisogno di iniziare a rendere normale la prevenzione maschile: come le signore hanno imparato a fare il pap test, così i signori dovrebbero andare dall’urologo.
Cosa dovrebbe fare l’uomo di abitudine, in base all’età?
Alessandro Vitale: Prima di tutto deve far sì che, in qualche modo, l‘urologo diventi una figura di riferimento al maschile così come il ginecologo e il senologo lo sono al femminile.
Si consiglia, a grandi linee, la visita dall’urologo almeno una volta tra i diciotto e i venti anni, alla fine dello sviluppo, per verificare che durante la fase della giovinezza non siano insorti problemi di varia natura, tra cui il tumore al testicolo, abbastanza frequente sotto i cinquant’anni, oppure il varicocele, dilatazione anomala delle vene che si può correggere con un intervento di routine, prima che possa causare infertilità.
Un’altra visita è consigliata intorno ai trent’anni, più o meno il periodo che coincide con quello legato alla volontà di avere un figlio.
Sopra i quaranta bisogna farsi vedere una volta ogni due anni, per poi andare una volta all’anno, comunque seguendo quelli che sono i consigli dell’urologo, visto che più si matura più la prostata diventa un organo a cui prestare attenzione.
Quindi per l’uomo basta seguire questo calendario di visite?
Alessandro Vitale: La visita è lo strumento attraverso cui creare un percorso di consapevolezza e prevenzione; l’idea è non andare dal dottore soltanto quando si è doloranti, ma secondo le fasce di età, conoscendo quelli che sono i principali problemi che le caratterizzano, per poter intervenire in tempo qualora ce ne fosse bisogno.
Ci sono anche esami che però non sono di screening, quindi non vengono estesi alla popolazione generale, ma prescritti dal medico per indagare determinati casi. Faccio un esempio: il test del PSA è importante e serve a valutare la molecola che è l’antigene prostatico specifico, in qualche modo spia di una condizione di tumore alla prostata ma non necessariamente lo è; il dato va interpretato con l’ausilio dell’esperto, che può guardare la situazione familiare, il profilo di rischio e semmai prescrivere indagini successive.
Ci sono anche analisi che non sono prettamente maschili: quella più diffusa è la ricerca del sangue occulto nelle feci, test per verificare se c’è un tumore al colon retto, frequente soprattutto nella parte matura della vita. Colpisce sia uomini sia donne, per cui lo screening viene offerto, se non ricordo male, dai cinquanta fino verso ai sessantanove anni, una volta ogni due anni. Se il medico trova qualcosa che non va prescrive esami ulteriori come ad esempio la colonscopia.
In che modo si può vincere la resistenza nei confronti di chi non vuole andare dal medico?
Monica Maioli: Ancora molta della salute della famiglia è nelle mani della donna, che guarda al benessere di marito, figli e genitori. Certamente alcuni cominciano poco alla volta a essere autonomi perché, nella società come è evoluta oggi, non tutti hanno una compagna e perché si sta sdoganando il tema; continuare a parlarne porta a essere più sensibili.
Bisogna rimettere nelle mani delle persone quella che è la loro salute: devono diventare più consapevoli, avere meno paure o meno vergogna. Prima dire “Vado dall’urologo” significava mettere in evidenza un problema — e l’uomo non vuole esporre questo tipo di problema! — mentre oggi si sa che è una questione che spesso e volentieri si può risolvere.
È una condizione mentale: come chi fa attività sportiva deve sottoporsi alla visita cardiologica o come molti si fanno fare la mappatura dei nei dal dermatologo, il passaggio dall’urologo deve essere considerato da ognuno per il proprio benessere. La stessa cosa è capitata alle donne per l’esame al seno: un tempo non avevano voglia di fare la mammo e l’eco, temevano il responso e magari mettevano se stesse in secondo piano rispetto alle esigenze della famiglia, quindi rimandavano. Poi le cose sono cambiate e così accadrà anche per l’uomo. Bisogna cercare, poco alla volta, di abituarsi a questo tema.
Cosa spinge maggiormente l’uomo a prendere su di sé la responsabilità della propria salute?
Alessandro Vitale: Tempo fa abbiamo fatto un’indagine su una platea maschile attraverso Sky Tg24 per capire il rapporto degli uomini con la prevenzione. Abbiamo chiesto se si sottoponevano a controlli di routine, perché e quando. Il quadro che veniva fuori era abbastanza fosco e da allora non è cambiato molto: si ricorre al medico solo quando si sta male; una buona fetta di persone poi veniva spinta dalla compagna quando proprio non si poteva farne a meno.
Venendo alla domanda: il motivo principale per cui si va a fare una visita probabilmente è ancora la contingenza, che è esattamente il contrario dell’ottica di prevenzione che si dovrebbe cercare di costruire. Per invertire la tendenza è importante parlare di prevenzione maschile.
Educare alla prevenzione
Monica Maioli: Educare le persone alla prevenzione in ogni settore — da quello dentistico a quello cardiologico, passando per quello oncologico — è stata una piccola conquista avvenuta nel corso degli anni grazie al supporto di specifiche campagne, magari nate sotto la spinta di aziende che promuovono test gratuiti, cosa che all’inizio invoglia e magari permette di capire, di iniziare un percorso che riduce il rischio, il dolore e le spese perché… prevenire è meglio che curare! Attraverso la prevenzione è possibile salvare la vita, quindi è fondamentale essere in grado di programmare le opportune visite con il medico di base, o quello di riferimento, che impari a conoscere la familiarità, lo stile di vita e l’anamnesi in generale.
Alessandro Vitale: Ricordiamo sempre anche l’importanza della prevenzione primaria, cioè quella formata da tutti quegli stili di vita corretti che si possono mettere in campo per ridurre l’insorgenza delle patologie tumorali.
E qual è la prevenzione primaria da adottare?
Alessandro Vitale: Hanno un peso rilevante il non fumare e la buona alimentazione con alto contenuto di frutta e verdura (del grande potere dei cavoli, e in particolare dei broccoli, ne avevamo già parlato con proprio con Elena Dogliotti, ricercatrice e divulgatrice per Fondazione Umberto Veronesi, su FV magazine 48 NdA).
Il fumo ha un’incidenza considerevole nel tumore della prostata e preponderante in quello della vescica. È responsabile di circa un terzo di tutti i tumori complessivi e non solo di quello al polmone, per dare l’idea di quanto pesi come fattore di rischio. Quando parliamo di fumo consideriamo anche quello passivo, visto che le sostanze vengono inalate e danneggiano sia chi ha acceso la sigaretta sia chi è nella stessa stanza con lui o lei (ci riflettano bene gli adulti quando sono nella stessa casa con un bimbo e/o con un animale NdA).
Un consiglio generico, che vale anche per la prevenzione al maschile, è cercare di avere uno stile di vita il meno sedentario possibile per scongiurare l’eccesso ponderale; per quanto riguarda il tumore della prostata, in particolare, è meglio evitare una dieta ricca di grassi e di fritture, e anche astenersi il più possibile dall’alcol.
Le tre regole d’oro:
Curiosità
Le patologie responsabili di oltre il 60% della mortalità maschile sono quelle cardio-cerebro-vascolari e oncologiche; tutte hanno in comune il fatto che possono in gran parte essere prevenute, ritardate o rese più curabili adottando stili di vita sani, mettendo in atto le regole della prevenzione secondaria, sottoponendosi a screening regolari e tenendo sotto controllo i segnali del proprio corpo. Sì, anche i tumori possono essere prevenuti: sono infatti causati dall’accumulo progressivo di mutazioni nel DNA sul quale intervengono molti fattori, genetici e ambientali: agendo su di essi si può ridurre in modo drastico la probabilità di ammalarsi.
di Elisa Orlandotti
Articolo tratto da FVM n.58
Le tre regole d’oro:
Curiosità
Le patologie responsabili di oltre il 60% della mortalità maschile sono quelle cardio-cerebro-vascolari e oncologiche; tutte hanno in comune il fatto che possono in gran parte essere prevenute, ritardate o rese più curabili adottando stili di vita sani, mettendo in atto le regole della prevenzione secondaria, sottoponendosi a screening regolari e tenendo sotto controllo i segnali del proprio corpo. Sì, anche i tumori possono essere prevenuti: sono infatti causati dall’accumulo progressivo di mutazioni nel DNA sul quale intervengono molti fattori, genetici e ambientali: agendo su di essi si può ridurre in modo drastico la probabilità di ammalarsi.
di Elisa Orlandotti
Articolo tratto da FVM n.58
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