di Elisa Orlandotti
Arrivano i freddi e, sia in casa sia per strada, ci copriamo sempre più, ma sappiamo bene che stare al caldo tra gennaio e febbraio sarà difficile se non ci chiudiamo in ambienti riscaldati in modo efficiente. Il nostro pensiero corre a chi è obbligato a stare fuori, come i nostri amici animali: se cani e gatti adottati se la passano bene, che cosa ne è dei loro fratelli senza una famiglia umana? E per quanto riguarda maiali, cavalli e altri ancora? Chiediamo a Sara D’Angelo, presidente dell’associazione Vitadacani che gestisce il canile omonimo e il santuario Porcikomodi, membro della Rete dei Santuari. “A Vitadacani – spiega la presidente D’Angelo – teniamo i cani anziani o malati all’interno della struttura, mentre quelli che devono stare per forza in box trovano conforto grazie alle lampade a infrarossi, che non elevano la temperatura come all’interno di un appartamento, ma scaldano la pelle e tolgono l’umidità, dando agli animali la sensazione di stare al calduccio. La stessa cosa accade anche agli ospiti del santuario per i quali però dobbiamo tenere presente un aspetto importante: tendenzialmente temono più il caldo del freddo! Temperature elevate come quelle della scorsa estate, ad esempio, sono davvero pericolose soprattutto per gli anziani e per le altre categorie fragili. I maiali possono morire di colpo di calore in tre minuti e per questo vanno continuamente tenuti d’occhio: non possono coricarsi al sole, devono avere acqua a disposizione da bere e per bagnarsi, come pozze d’acqua, spruzzini o docce sotto cui passare”.
Anche d’inverno però vengono messe in campo una serie di strategie per fare sì che chi ha bisogno possa difendersi dalle temperature estreme: è il caso di chi magari si prende un’influenza o è vittima di qualche altro tipo di accidente. Come abbiamo visto in passato, non essendoci uno storico o protocolli di cura per animali che vengono vissuti solo in relazione alla salute e all’alimentazione umana (quindi lasciati morire se non c’è convenienza economica o comunque macellati quando sono nel pieno della forza e della giovinezza senza arrivare alle patologie dell’anzianità), le soluzioni bisogna inventarsele. “Capita che una febbre o un’infezione – racconta ancora D’Angelo – debiliti tanto uno dei nostri ospiti che, stando male, si mette a terra in qualsiasi posto del santuario si trovi e non c’è modo di farlo alzare e convincerlo ad andare a ricovero. Nel caso di moli quali quelle dei bovini è un vero problema, per cui abbiamo escogitato un sistema che porti all’ammalato il suo rifugio, ovvero una casetta, che all’occorrenza è impermeabilizzata grazie a un gazebo, con un attacco luce per la lampada a infrarossi in modo da scongiurare il problema del freddo. Usiamo questo metodo solo quando c’è necessità, per chi è in degenza, deve fare terapie, flebo o quant’altro e solo se non riusciamo a spostarlo nelle zone già attrezzate. Però teniamo sempre in mente che la cosa peggiore è il caldo e che per far morire di freddo un animale adulto e sano tra le tipologie ospiti dei santuari bisogna andare a -30°C. Per i cuccioli, invece, dipende: se c’è la mamma – e l’unico motivo è che è arrivata gravida – creiamo un ambiente confortevole, separato dagli altri animali, con la lampada a infrarossi; lei poi pensa al resto. Se purtroppo invece non c’è, mettiamo i piccoli in una zona ancor più riparata, come ad esempio le stallette chiuse, sempre con la lampada. L’importante è proteggere dalle correnti e dare un po’ di tepore”.
Ci domandiamo se le coperte che non usiamo più possano essere d’aiuto e la presidente risponde: “Per i canili sì, ma ai santuari servono principalmente risorse economiche, viste le enormi spese che devono sopportare (da quelle per la paglia alle bollette, passando per le cure mediche), e risorse umane, cioè persone che si mettono a disposizione per accudimento diretto o per qualsiasi abilità abbiano (a volte le persone non se lo immaginano, ma quello che sanno fare può servire tantissimo!). La continuità del contributo di lavoro non è indispensabile: se con i cani si crea una relazione e c’è il rischio di far vivere l’abbandono, per gli ospiti dei santuari è diverso. Sono abituati a essere liberi, sono in equilibrio tra loro, tranquilli, non dipendono dall’essere umano se non per il fatto che gli diamo da mangiare!
Tra gli ospiti dei santuari si creano amicizie bellissime, compagnie, fidanzamenti e famiglie che si sfasciano; sono super indaffarati, noi siamo valore aggiunto”.
di Elisa Orlandotti
Arrivano i freddi e, sia in casa sia per strada, ci copriamo sempre più, ma sappiamo bene che stare al caldo tra gennaio e febbraio sarà difficile se non ci chiudiamo in ambienti riscaldati in modo efficiente. Il nostro pensiero corre a chi è obbligato a stare fuori, come i nostri amici animali: se cani e gatti adottati se la passano bene, che cosa ne è dei loro fratelli senza una famiglia umana? E per quanto riguarda maiali, cavalli e altri ancora? Chiediamo a Sara D’Angelo, presidente dell’associazione Vitadacani che gestisce il canile omonimo e il santuario Porcikomodi, membro della Rete dei Santuari. “A Vitadacani – spiega la presidente D’Angelo – teniamo i cani anziani o malati all’interno della struttura, mentre quelli che devono stare per forza in box trovano conforto grazie alle lampade a infrarossi, che non elevano la temperatura come all’interno di un appartamento, ma scaldano la pelle e tolgono l’umidità, dando agli animali la sensazione di stare al calduccio. La stessa cosa accade anche agli ospiti del santuario per i quali però dobbiamo tenere presente un aspetto importante: tendenzialmente temono più il caldo del freddo! Temperature elevate come quelle della scorsa estate, ad esempio, sono davvero pericolose soprattutto per gli anziani e per le altre categorie fragili. I maiali possono morire di colpo di calore in tre minuti e per questo vanno continuamente tenuti d’occhio: non possono coricarsi al sole, devono avere acqua a disposizione da bere e per bagnarsi, come pozze d’acqua, spruzzini o docce sotto cui passare”.
Anche d’inverno però vengono messe in campo una serie di strategie per fare sì che chi ha bisogno possa difendersi dalle temperature estreme: è il caso di chi magari si prende un’influenza o è vittima di qualche altro tipo di accidente. Come abbiamo visto in passato, non essendoci uno storico o protocolli di cura per animali che vengono vissuti solo in relazione alla salute e all’alimentazione umana (quindi lasciati morire se non c’è convenienza economica o comunque macellati quando sono nel pieno della forza e della giovinezza senza arrivare alle patologie dell’anzianità), le soluzioni bisogna inventarsele. “Capita che una febbre o un’infezione – racconta ancora D’Angelo – debiliti tanto uno dei nostri ospiti che, stando male, si mette a terra in qualsiasi posto del santuario si trovi e non c’è modo di farlo alzare e convincerlo ad andare a ricovero. Nel caso di moli quali quelle dei bovini è un vero problema, per cui abbiamo escogitato un sistema che porti all’ammalato il suo rifugio, ovvero una casetta, che all’occorrenza è impermeabilizzata grazie a un gazebo, con un attacco luce per la lampada a infrarossi in modo da scongiurare il problema del freddo. Usiamo questo metodo solo quando c’è necessità, per chi è in degenza, deve fare terapie, flebo o quant’altro e solo se non riusciamo a spostarlo nelle zone già attrezzate. Però teniamo sempre in mente che la cosa peggiore è il caldo e che per far morire di freddo un animale adulto e sano tra le tipologie ospiti dei santuari bisogna andare a -30°C. Per i cuccioli, invece, dipende: se c’è la mamma – e l’unico motivo è che è arrivata gravida – creiamo un ambiente confortevole, separato dagli altri animali, con la lampada a infrarossi; lei poi pensa al resto. Se purtroppo invece non c’è, mettiamo i piccoli in una zona ancor più riparata, come ad esempio le stallette chiuse, sempre con la lampada. L’importante è proteggere dalle correnti e dare un po’ di tepore”.
Ci domandiamo se le coperte che non usiamo più possano essere d’aiuto e la presidente risponde: “Per i canili sì, ma ai santuari servono principalmente risorse economiche, viste le enormi spese che devono sopportare (da quelle per la paglia alle bollette, passando per le cure mediche), e risorse umane, cioè persone che si mettono a disposizione per accudimento diretto o per qualsiasi abilità abbiano (a volte le persone non se lo immaginano, ma quello che sanno fare può servire tantissimo!). La continuità del contributo di lavoro non è indispensabile: se con i cani si crea una relazione e c’è il rischio di far vivere l’abbandono, per gli ospiti dei santuari è diverso. Sono abituati a essere liberi, sono in equilibrio tra loro, tranquilli, non dipendono dall’essere umano se non per il fatto che gli diamo da mangiare!
Tra gli ospiti dei santuari si creano amicizie bellissime, compagnie, fidanzamenti e famiglie che si sfasciano; sono super indaffarati, noi siamo valore aggiunto”.