Una strana storia, lunga 200 milioni di anni
di Fabio Zaccaria
Lo sapevate che una volta, tanto tempo fa, i coccodrilli mangiavano insalata? Ha il sapore di una favola la scoperta che da diversi mesi affascina la stampa internazionale, dal New York Times allʼEconomist, arrivando anche sui principali giornali italiani. Ma davvero di una scoperta si tratta
Per cercare di capirlo, dobbiamo fare qualche passo indietro. Almeno fino al giugno del 2019, quando su Current Biology, affermata rivista scientifica statunitense, viene pubblicato lʼarticolo scritto da Keegan Melstrom e Randall Irmis, dellʼUniversità dello Utah.
Attraverso lʼanalisi di 146 denti fossili appartenuti a sedici diversi gruppi di antenati dei coccodrilli vissuti lungo un arco di quasi duecento milioni di anni, i due scienziati hanno trovato prove convincenti che alcuni di loro erano quasi sicuramente vegani. I loro denti, questa è la tesi, hanno strutture complesse del tutto simili a quelle degli odierni erbivori, che prima di ingerire il cibo devono masticarlo, sminuzzarlo, tritarlo e renderlo adatto alla digestione. Niente a che vedere con i carnivori (siano essi leoni o, appunto, i moderni coccodrilli), che invece hanno denti dalla struttura molto semplice, perfetti per lacerare e strappare bocconi che poi vengono ingollati pressoché interi.Unʼipotesi, la loro, accolta senza scossoni dalla comunità scientifica per due ragioni: in primo luogo, è tuttʼaltro che rivoluzionaria. Che fossero vissuti coccodrilli con unʼalimentazione esclusivamente o prevalentemente vegetale è tesi accreditata nel mondo scientifico da diverse decine di anni. Basti pensare che, sulla scorta di queste teorie, cʼè chi ha già dimostrato come somministrando una dieta esclusivamente vegetale agli alligatori questi non ne risentano in alcun modo, proprio grazie allʼapparato digerente ereditato, almeno in parte, dagli antenati erbivori. In secondo luogo perché lo studio di Melstrom e Irmis, impiegando una metodologia ancora mai applicata a questo campo di ricerca, ha fornito ulteriori e nuove conferme (e, a sorpresa, qualche smentita) a quella che era solo una supposizione.
Ma chi erano questi antenati vegan dei coccodrilli e cosa ha fatto sì che la loro linea evolutiva si interrompesse?
Proviamo a osservare le cose più da vicino.
Secondo i due studiosi, i primi esemplari erbivori di coccodrilliformi (nome scientifico dei numerosi antenati di coccodrilli, caimani e alligatori) risalirebbero al periodo immediatamente successivo alla grande estinzione che segnò la fine del periodo Triassico, 201 milioni di anni fa, e sarebbero sopravvissuti fino alla seconda estinzione di massa, quella che sterminò i dinosauri, sessantasei milioni di anni fa.
I primi reperti fossili sui quali è stato possibile effettuare analisi chiare risalgono però al Cretaceo inferiore, fra i centoquarantacinque e i cento milioni di anni fa. A questo periodo appartengono i resti di due specie quasi sicuramente erbivore: il Chimaerasuchus paradoxus e lʼEdentosuchus tianshanensis, vissute appena dopo il Giurassico, quando la Pangea aveva iniziato a frammentarsi e sul pianeta Terra avevano da poco fatto la loro comparsa le prime piante dotate di fiori. Sulla loro alimentazione, comunque, gli scienziati erano già abbastanza concordi da decenni e lo studio di Melstrom e Irmis arriva come ulteriore conferma. Stesso discorso per il Simosuchus clarki, vissuto nel Cretaceo superiore (circa settantacinque milioni di anni fa) in Madagascar e con ogni probabilità scomparso, come i suoi predecessori, per la pressione evolutiva causata da un cambiamento climatico o per lʼaffacciarsi nel proprio habitat di specie concorrenti. Più recente è un altro fossile esaminato: quello dellʼAcinodonte, i cui resti sono stati trovati proprio vicino a Trieste.
Un metro e mezzo circa di lunghezza e un muso del tutto simile a quello dei coccodrilli odierni; al posto delle consuete zanne acuminate questo rettile aveva però una chiostra di denti più simili ai molari. Vissuto fra il tardo Cretaceo e il Paleocene (poco prima che lʼasteroide, sessantasei milioni di anni fa, spazzasse via i dinosauri), pascolava fra la Spagna, lʼItalia e lʼarea dei Balcani. Pur risalendo a quasi ottanta milioni di anni dopo i suoi primi antenati, il mondo nel quale si muoveva era ancora molto diverso da quello attuale: lʼAfrica e lʼAmerica del Nord erano ancora collegate via terra allʼEurasia, e lʼAmerica del Sud aveva cominciato da poco ad allontanarsi dallʼAfrica. A provocarne lʼestinzione, con ogni probabilità, proprio gli sconvolgimenti seguiti allʼimpatto dellʼasteroide di Chicxulub. Lo studio, come dicevamo, ha però anche ribaltato alcune precedenti attribuzioni, come nel caso del Notosuchus terrestris (vissuto fra gli ottantanove e gli ottantatré milioni di anni fa): ritenuto un erbivoro per via della forma della sua scatola cranica, secondo i due ricercatori sarebbe invece stato un carnivoro, come dimostrerebbero i suoi denti, del tutto simili a quelli dei caimani tuttʼora viventi, sulla cui dieta non esistono dubbi.
I dati indicano che coccodrilliformi erbivori erano presenti in Laurasia e Gondwana (i due megacontinenti in cui si divise la Pangea, NdR) in diversi momenti del passato e che hanno sviluppato, in via del tutto indipendente, denti estremamente complessi. Gli elementi raccolti – concludono Melstrom e Irmis – suggeriscono che esistesse una suddivisione delle risorse vegetali tra mammiferi e coccodrilli che non si verifica nei moderni ecosistemi. Un fatto che evidenzia lʼunicità dellʼecosistema nellʼera mesozoica in un momento in cui si definivano molti degli aspetti dellʼevoluzione degli esseri viventi”.
Una strana storia, lunga 200 milioni di anni
di Fabio Zaccaria
Lo sapevate che una volta, tanto tempo fa, i coccodrilli mangiavano insalata? Ha il sapore di una favola la scoperta che da diversi mesi affascina la stampa internazionale, dal New York Times allʼEconomist, arrivando anche sui principali giornali italiani. Ma davvero di una scoperta si tratta
Per cercare di capirlo, dobbiamo fare qualche passo indietro. Almeno fino al giugno del 2019, quando su Current Biology, affermata rivista scientifica statunitense, viene pubblicato lʼarticolo scritto da Keegan Melstrom e Randall Irmis, dellʼUniversità dello Utah.
Attraverso lʼanalisi di 146 denti fossili appartenuti a sedici diversi gruppi di antenati dei coccodrilli vissuti lungo un arco di quasi duecento milioni di anni, i due scienziati hanno trovato prove convincenti che alcuni di loro erano quasi sicuramente vegani. I loro denti, questa è la tesi, hanno strutture complesse del tutto simili a quelle degli odierni erbivori, che prima di ingerire il cibo devono masticarlo, sminuzzarlo, tritarlo e renderlo adatto alla digestione. Niente a che vedere con i carnivori (siano essi leoni o, appunto, i moderni coccodrilli), che invece hanno denti dalla struttura molto semplice, perfetti per lacerare e strappare bocconi che poi vengono ingollati pressoché interi.Unʼipotesi, la loro, accolta senza scossoni dalla comunità scientifica per due ragioni: in primo luogo, è tuttʼaltro che rivoluzionaria. Che fossero vissuti coccodrilli con unʼalimentazione esclusivamente o prevalentemente vegetale è tesi accreditata nel mondo scientifico da diverse decine di anni. Basti pensare che, sulla scorta di queste teorie, cʼè chi ha già dimostrato come somministrando una dieta esclusivamente vegetale agli alligatori questi non ne risentano in alcun modo, proprio grazie allʼapparato digerente ereditato, almeno in parte, dagli antenati erbivori. In secondo luogo perché lo studio di Melstrom e Irmis, impiegando una metodologia ancora mai applicata a questo campo di ricerca, ha fornito ulteriori e nuove conferme (e, a sorpresa, qualche smentita) a quella che era solo una supposizione.
Ma chi erano questi antenati vegan dei coccodrilli e cosa ha fatto sì che la loro linea evolutiva si interrompesse?
Proviamo a osservare le cose più da vicino.
Secondo i due studiosi, i primi esemplari erbivori di coccodrilliformi (nome scientifico dei numerosi antenati di coccodrilli, caimani e alligatori) risalirebbero al periodo immediatamente successivo alla grande estinzione che segnò la fine del periodo Triassico, 201 milioni di anni fa, e sarebbero sopravvissuti fino alla seconda estinzione di massa, quella che sterminò i dinosauri, sessantasei milioni di anni fa.
I primi reperti fossili sui quali è stato possibile effettuare analisi chiare risalgono però al Cretaceo inferiore, fra i centoquarantacinque e i cento milioni di anni fa. A questo periodo appartengono i resti di due specie quasi sicuramente erbivore: il Chimaerasuchus paradoxus e lʼEdentosuchus tianshanensis, vissute appena dopo il Giurassico, quando la Pangea aveva iniziato a frammentarsi e sul pianeta Terra avevano da poco fatto la loro comparsa le prime piante dotate di fiori. Sulla loro alimentazione, comunque, gli scienziati erano già abbastanza concordi da decenni e lo studio di Melstrom e Irmis arriva come ulteriore conferma. Stesso discorso per il Simosuchus clarki, vissuto nel Cretaceo superiore (circa settantacinque milioni di anni fa) in Madagascar e con ogni probabilità scomparso, come i suoi predecessori, per la pressione evolutiva causata da un cambiamento climatico o per lʼaffacciarsi nel proprio habitat di specie concorrenti. Più recente è un altro fossile esaminato: quello dellʼAcinodonte, i cui resti sono stati trovati proprio vicino a Trieste.
Un metro e mezzo circa di lunghezza e un muso del tutto simile a quello dei coccodrilli odierni; al posto delle consuete zanne acuminate questo rettile aveva però una chiostra di denti più simili ai molari. Vissuto fra il tardo Cretaceo e il Paleocene (poco prima che lʼasteroide, sessantasei milioni di anni fa, spazzasse via i dinosauri), pascolava fra la Spagna, lʼItalia e lʼarea dei Balcani. Pur risalendo a quasi ottanta milioni di anni dopo i suoi primi antenati, il mondo nel quale si muoveva era ancora molto diverso da quello attuale: lʼAfrica e lʼAmerica del Nord erano ancora collegate via terra allʼEurasia, e lʼAmerica del Sud aveva cominciato da poco ad allontanarsi dallʼAfrica. A provocarne lʼestinzione, con ogni probabilità, proprio gli sconvolgimenti seguiti allʼimpatto dellʼasteroide di Chicxulub. Lo studio, come dicevamo, ha però anche ribaltato alcune precedenti attribuzioni, come nel caso del Notosuchus terrestris (vissuto fra gli ottantanove e gli ottantatré milioni di anni fa): ritenuto un erbivoro per via della forma della sua scatola cranica, secondo i due ricercatori sarebbe invece stato un carnivoro, come dimostrerebbero i suoi denti, del tutto simili a quelli dei caimani tuttʼora viventi, sulla cui dieta non esistono dubbi.
I dati indicano che coccodrilliformi erbivori erano presenti in Laurasia e Gondwana (i due megacontinenti in cui si divise la Pangea, NdR) in diversi momenti del passato e che hanno sviluppato, in via del tutto indipendente, denti estremamente complessi. Gli elementi raccolti – concludono Melstrom e Irmis – suggeriscono che esistesse una suddivisione delle risorse vegetali tra mammiferi e coccodrilli che non si verifica nei moderni ecosistemi. Un fatto che evidenzia lʼunicità dellʼecosistema nellʼera mesozoica in un momento in cui si definivano molti degli aspetti dellʼevoluzione degli esseri viventi”.