di Fabio Zaccaria
Perché la riflessione dalla quale sono partite Francesca Noli, biologa alimentarista ed esperta di Mindful Eating, ed Emanuela Donghi, nutrizionista attiva all’interno di diversi organi istituzionali in materia di sorveglianza e promozione della salute, è tanto semplice quanto rivoluzionaria: per mangiare bene e stare meglio bisogna superare le diete che si occupano soltanto di cosa e quanto mangiare, proponendo regolamenti rigidi e monotoni che tendono a esasperare il rapporto con il cibo e a diminuire la nostra autostima una volta che viene recuperato il peso che è stato perso con tanti sacrifici.
Una sorta di detox da pregiudizi, falsi miti, regole e schemi fissi che ci vengono imposti o ci imponiamo di seguire nella speranza di liberarci dai chili di troppo per sempre. Perché mangiare, prima di ogni altra cosa, è un piacere e tale deve restare, a maggior ragione quando siamo in fase dimagrante.
La bilancia: nemica-amica
“Nel mio studio – spiega Francesca Noli – non tengo una bilancia proprio per scelta; come biologa nutrizionista, con un approccio comportamentale, dopo una prima fase in cui si affrontano gli aspetti legati all’organizzazione della giornata alimentare e alle scelte in base ai propri gusti, preferisco focalizzarmi sugli aspetti legati al perché e come si mangia. Più che sentirsi a dieta, intesa come una gabbia da cui non si vede l’ora di evadere, ci si libera a poco a poco dai condizionamenti esterni di tipo ambientale, sociale ed emotivo. Lascio a ognuno la registrazione del proprio peso, una volta alla settimana, al mattino, appena svegli, prima di vestirsi e di fare colazione”. Il tutto con attenzione, senza ossessione.
“Pesarsi continuamente, prendersi le misure, essere fissati sui numeri (peso da raggiungere o chili da perdere) o sentirsi in colpa se si ‘trasgredisce’ – prosegue – genera ansia e certamente non aiuta a prestare attenzione ai propri comportamenti.
Scelte consapevoli
l ruolo di chi, come me, si occupa di alimentazione non è quello di riparare qualcosa di rotto, ma di proporsi come guida, come motivatore: mettere a punto insieme strategie per affrontare la fame nervosa, gestire le occasioni sociali e abituarsi ad ascoltare il corpo per capire quali sono i reali bisogni porta a un cambiamento che non è solo esteriore, ma viene proprio da una migliore consapevolezza di sé”. Le trappole sono infinite: “Se si esce il venerdì sera – esemplifica la nutrizionista – per un aperitivo con gli amici, arrivandoci stanchi, avendo alle spalle una settimana di lavoro e arrabbiature, non si avrà la lucidità di scegliere, ma si sarà portati a ingurgitare qualsiasi cosa, senza prestare alcuna attenzione. E lo si farà quasi senza rendersene conto. Ecco l’importanza di essere presenti a se stessi nel momento delle scelte, ma senza l’ossessione di voler essere perfetti: non dobbiamo considerarci dei contenitori da riempire, ma delle persone che, per nostra fortuna, sono nelle condizioni di poter scegliere”.
Il mangiatore consapevole
Un approccio che ruota tutto intorno alla figura del “mangiatore consapevole”, persona attenta ad ascoltare il proprio corpo, flessibile nelle proprie scelte alimentari, capace di non sentirsi in colpa quando gestisce meno bene una situazione, ma soprattutto con le idee chiare su quello che le piace e che agisce sulla base di “io scelgo” piuttosto che di “io devo”. Una persona che arriva a dominare il cibo invece di accettare un’offerta dello stesso per paura di offendere, di buttar giù qualcosa d’impulso, di mangiare per noia o per nervosismo.
Certo, è importante affinare man mano delle pratiche che poi si riveleranno particolarmente utili nel momento del bisogno.
Bisogni reali o fittizzi?
“La prima cosa da fare – puntualizza Emanuela Donghi – è chiederci se davvero abbiamo fame in quel momento e se quello che stiamo per mettere in bocca è ciò di cui abbiamo realmente bisogno. Mentre ci alimentiamo, prestiamo attenzione partecipando con tutti nostri sensi e, dopo mangiato, chiediamoci come ci sentiamo”.
“Facendo così – aggiunge Francesca Noli – non solo ci si comporta da mangiatori consapevoli, ma si diventa anche consumatori consapevoli. Rendersi conto se la pasta è cotta al dente, se i pomodori sono saporiti e non acquosi, se la frutta è matura al punto giusto, se un piatto è troppo salato consente di fare scelte più accorte quando si fa la spesa e quando si consuma il proprio pasto a casa e fuori”.
Una questione di quantità
Oltre alla qualità, va prestata attenzione anche alla quantità di ciò che si mangia. E questo aspetto crea parecchia ansia, soprattutto quando si è a dieta, e rappresenta il primo motivo di abbandono di eventuali cambiamenti. “Pesare tutto quello che dobbiamo mettere nel piatto – sostiene la nutrizionista – non solo è spesso complicato e praticamente impossibile se siamo fuori a pranzo, ma è altrettanto vero che saper riconoscere le porzioni adeguate aumenta e migliora radicalmente il nostro livello di coscienza”. Importante, dunque, non cadere nella trappola della Portion Distortion, cioè di una percezione distorta delle porzioni legata alla forma, al colore e alla dimensione di piatti e bicchieri e non solo. Basterebbe utilizzare stoviglie un po’ più piccole per ridurre le porzioni di circa il 30%, senza quasi rendersene conto.
“Il trucco – spiega Emanuela Donghi – consiste nel visualizzare il volume di quello che mangiamo; usare riferimenti come la dimensione di una palla da tennis, un mouse o un cd, la propria mano o le proprie dita diventa uno stratagemma utilissimo. Tanto più che proprio la mano, essendo di norma proporzionata alle dimensioni del corpo, è anche generalmente correlata al proprio fabbisogno energetico”. E che sia importante farlo pare non ci siano dubbi. “Sono numerosi gli studi scientifici – continua Francesca Noli – che dimostrano quanto le persone siano portate a sottostimare la quantità degli alimenti che consumano.
Diario per mangiatori consapevoli
Per questa ragione, soprattutto all’inizio, sarebbe utilissimo tenere un diario alimentare avendo cura di annotare anche la situazione, il grado di fame, le sensazioni e le emozioni del momento”.
Ebbene, ci ho provato. Per sincera curiosità o forse per una punta di autolesionismo. E una cosa vi posso garantire: la voglia di barare inizia prima ancora di aver compilato la colonna relativa al primo giorno. Dal secondo in poi, ogni cioccolatino in accompagnamento al caffè e ogni presa di patatine sul banco del bar, all’ora dell’aperitivo, cominciano a ispirarti una certa diffidenza. Dal terzo giorno ti accorgi che il biscotto di metà pomeriggio non è poi così buono e che quelle arance che hai comprato qualche giorno fa sono in realtà molto dolci e succose.
“Mangiatori consapevoli – conclude Francesca Noli – si può esserlo per natura, ma con un po’ di pratica chiunque lo può diventare. Nella nostra esperienza abbiamo visto molte persone che ci sono riuscite e siamo certe che anche molti di voi lettori lo diventeranno”.
Dieta mindful: guida per stabilire un rapporto sereno con il cibo e con se stessi
È nelle quasi duecento pagine della nuova edizione del testo, edito da Red!, che Francesca Noli ed Emanuela Donghi tracciano un originale percorso alla riscoperta di una maggiore consapevolezza verso il cibo, per aiutarci a mangiare in modo salutare provando piacere. E perché no, a riequilibrare il nostro peso e a mantenerlo. Un manuale ricchissimo di suggerimenti pratici: dai trucchi per misurare le porzioni senza bisogno di pesarle alle strategie da adottare di fronte al buffet dell’aperitivo o quando si va a mangiare al ristorante etnico. Il tutto grazie anche al supporto del Mindful Eating, pratica che aiuta a ristabilire un rapporto sereno con il cibo e con se stessi.