di Alessandro Pilo
Nel 1986 Michael Steele, un ricercatore della Wilkes University esperto di scoiattoli, si trovò davanti un mistero. Mentre studiava le loro tane nel Nord Carolina, infatti, notò qualcosa di strano: quell’anno gli alberi di cerro avevano prodotto frutti in abbondanza, ma le migliaia di ghiande al suolo erano state tutte mangiate parzialmente, non in modo disordinato, ma meticolosamente nella parte di sopra. Perché mai gli scoiattoli si prendevano la seccatura di mangiare una piccola porzione di ghianda, scartare il resto e ripetere l’operazione da capo, tenuto conto che ogni volta andavano rimossi il guscio e la cupola dura?
A differenza di altri animali, gli scoiattoli non vanno in letargo e rimangono attivi tutto l’inverno. La loro strategia di sopravvivenza in questa stagione rigida sta nel mangiare il più possibile e accumulare grasso, ma questa “scorta” ammonta solitamente al 10% del loro peso. Di certo aiuta, ma non è abbastanza: quando scendono le temperature, scatta nel loro corpo un interruttore interno che li porta a trasformare il grasso in calore corporeo tredici volte più velocemente del normale; è come se, senza nemmeno muoversi, gli scoiattoli producessero energia quanto un ciclista professionista che scala i Pirenei. Ma la loro vera dote, quella per cui tutti li conosciamo, è l’essere abili pianificatori: un po’ come facciamo noi esseri umani, anche i simpatici e previdenti roditori fanno provviste per i periodi in cui il cibo è scarso, visto che per la loro sopravvivenza sono in gran parte dipendenti da alberi che producono tantissimo cibo tutto in una volta.
Creano quindi migliaia di nascondigli sotterranei per conservare le scorte; una strategia laboriosa, ma che offre un significativo vantaggio: in questo modo, se una dispensa viene saccheggiata, la quantità di cibo perduta sarà limitata. A volte, però, nonostante le loro eccellenti doti olfattive e mnemoniche, non sono in grado di localizzare i loro nascondigli, oppure, soprattutto nei periodi in cui i semi sono abbondanti, non è necessario farlo. Ecco perché possono essere considerati degli efficaci piantatori di alberi, visto che quelle ghiande germoglieranno distanti da dove sono cadute.
Questa strategia di conservazione crea una fruttuosa simbiosi tra animale e albero, da cui entrambi traggono beneficio. Ma guai a parlare di armoniosa fratellanza: al contrario, le parti in causa cercano continuamente di rinegoziare le regole del gioco, a proprio favore. Per esempio le querce bianche ci provano producendo ghiande che germogliano rapidamente subito dopo essere state sepolte, rendendo vani gli sforzi prudenziali dei Nostri, visto che una ghianda germinata perde valore nutritivo. Ma gli scoiattoli, va detto, non stanno a guardare: uno studio del 1996 pubblicato sulla rivista Animal Behaviour riporta che alcuni sono capaci di mordere l’embrione, paralizzando la capacità del seme di germogliare, per poi conservare i frutti alterati. Ma ecco che anche gli alberi non si fanno prendere in giro: Michael Steele ha scoperto che le ghiande sono più saporite e nutrienti nella parte di sopra, mentre quella inferiore, che sta attorno all’embrione, è ricca di tannini, il che la rende sgradevole al palato, oltre che tossica in alte concentrazioni. È così spiegato il mistero delle ghiande mangiate a metà: l’albero ne regala una frazione al suo nemico-amico, ma prova a proteggere la parte più importante. Se uno scoiattolo è affamato, mangia tutta la ghianda, ma se c’è abbondanza, si concentra sulla parte più golosa e scarta il resto. Quella che potrebbe apparire una sinergia vincente è in realtà una guerra chimica e di strategia tra la pianta e i suoi predatori.
Ma nel tentativo di raggirarsi a vicenda, scoiattoli e alberi lavorano in fondo per il bene comune.
di Alessandro Pilo
Nel 1986 Michael Steele, un ricercatore della Wilkes University esperto di scoiattoli, si trovò davanti un mistero. Mentre studiava le loro tane nel Nord Carolina, infatti, notò qualcosa di strano: quell’anno gli alberi di cerro avevano prodotto frutti in abbondanza, ma le migliaia di ghiande al suolo erano state tutte mangiate parzialmente, non in modo disordinato, ma meticolosamente nella parte di sopra. Perché mai gli scoiattoli si prendevano la seccatura di mangiare una piccola porzione di ghianda, scartare il resto e ripetere l’operazione da capo, tenuto conto che ogni volta andavano rimossi il guscio e la cupola dura?
A differenza di altri animali, gli scoiattoli non vanno in letargo e rimangono attivi tutto l’inverno. La loro strategia di sopravvivenza in questa stagione rigida sta nel mangiare il più possibile e accumulare grasso, ma questa “scorta” ammonta solitamente al 10% del loro peso. Di certo aiuta, ma non è abbastanza: quando scendono le temperature, scatta nel loro corpo un interruttore interno che li porta a trasformare il grasso in calore corporeo tredici volte più velocemente del normale; è come se, senza nemmeno muoversi, gli scoiattoli producessero energia quanto un ciclista professionista che scala i Pirenei. Ma la loro vera dote, quella per cui tutti li conosciamo, è l’essere abili pianificatori: un po’ come facciamo noi esseri umani, anche i simpatici e previdenti roditori fanno provviste per i periodi in cui il cibo è scarso, visto che per la loro sopravvivenza sono in gran parte dipendenti da alberi che producono tantissimo cibo tutto in una volta.
Creano quindi migliaia di nascondigli sotterranei per conservare le scorte; una strategia laboriosa, ma che offre un significativo vantaggio: in questo modo, se una dispensa viene saccheggiata, la quantità di cibo perduta sarà limitata. A volte, però, nonostante le loro eccellenti doti olfattive e mnemoniche, non sono in grado di localizzare i loro nascondigli, oppure, soprattutto nei periodi in cui i semi sono abbondanti, non è necessario farlo. Ecco perché possono essere considerati degli efficaci piantatori di alberi, visto che quelle ghiande germoglieranno distanti da dove sono cadute.
Questa strategia di conservazione crea una fruttuosa simbiosi tra animale e albero, da cui entrambi traggono beneficio. Ma guai a parlare di armoniosa fratellanza: al contrario, le parti in causa cercano continuamente di rinegoziare le regole del gioco, a proprio favore. Per esempio le querce bianche ci provano producendo ghiande che germogliano rapidamente subito dopo essere state sepolte, rendendo vani gli sforzi prudenziali dei Nostri, visto che una ghianda germinata perde valore nutritivo. Ma gli scoiattoli, va detto, non stanno a guardare: uno studio del 1996 pubblicato sulla rivista Animal Behaviour riporta che alcuni sono capaci di mordere l’embrione, paralizzando la capacità del seme di germogliare, per poi conservare i frutti alterati. Ma ecco che anche gli alberi non si fanno prendere in giro: Michael Steele ha scoperto che le ghiande sono più saporite e nutrienti nella parte di sopra, mentre quella inferiore, che sta attorno all’embrione, è ricca di tannini, il che la rende sgradevole al palato, oltre che tossica in alte concentrazioni. È così spiegato il mistero delle ghiande mangiate a metà: l’albero ne regala una frazione al suo nemico-amico, ma prova a proteggere la parte più importante. Se uno scoiattolo è affamato, mangia tutta la ghianda, ma se c’è abbondanza, si concentra sulla parte più golosa e scarta il resto. Quella che potrebbe apparire una sinergia vincente è in realtà una guerra chimica e di strategia tra la pianta e i suoi predatori.
Ma nel tentativo di raggirarsi a vicenda, scoiattoli e alberi lavorano in fondo per il bene comune.