di Fabio Zaccaria
Foto di Flavio Scanarotti
Se vi dicessi che per secoli il platino è stato considerato un metallo di poco valore?[…] Andrea Parodi, architetto e imprenditore genovese, sta facendo la stessa cosa con i semi.”
Se vi dicessi che per secoli il platino è stato considerato un metallo di poco valore? Una sorta di fratello minore dell’argento (platino significa, appunto, piccolo argento) buono al massimo per farci qualche gingillo di poco conto e per contraffare l’oro? Almeno fino all’arrivo di Louis Cartier.
Bene, Andrea Parodi, architetto e imprenditore genovese, sta facendo la stessa cosa con i semi e frutta secca. Tutti i semi. Anche quelli più impensabili: cetriolo, pomodoro, rosa canina, fico d’India, melograno, borragine e mora per non citare quelli la cui nobiltà non è mai stata messa in discussione, come la nocciola, il pistacchio o la mandorla; e che, secondo lo spirito dell’azienda di Campomorone, devono essere prodotti nel più totale rispetto dell’ambiente e dei lavoratori.
Materie prime, i semi, troppo spesso ignorate se non considerate addirittura scarti, ma dalle quali si possono invece ottenere oli e farine dalle straordinarie proprietà gastronomiche, nutrizionali e cosmetiche.
Una premessa
“Per prima cosa – spiega l’imprenditore ligure – è necessaria una premessa. Per decenni, gli oli di semi per uso alimentare sono stati ottenuti (e molti lo sono ancora) partendo da scarti di lavorazione e, per legge, devono essere raffinati. Processo che ha una sua precisa ragion d’essere, in quanto parliamo di prodotti che spesso nascono da una materia prima che è già stata sottoposta a diverse fasi di lavorazione, con l’impiego di solventi e alte temperature, e che quindi deve essere ripulita da agenti contaminanti potenzialmente pericolosi.”
E se la provenienza fosse biologica?
“Ma se provassimo, invece, a partire da semi perfetti, provenienti da coltivazioni biologiche e non sottoposti ad alcun tipo di trattamento termico e chimico, non cambierebbe tutto?” Tutto cambia veramente, tanto per l’olio, che diventa un prodotto sorprendente per gusto e ricchezza, quanto per le farine, prodotte a partire dai semi sgrassati e spremuti rigorosamente a freddo. “Per capirci – continua Andrea – negli oli di vinacciolo si riconoscono i profumi della Barbera o del Nebbiolo. Oggi, a differenza di qualche anno fa, l’attenzione del consumatore per quello che si porta in tavola è maturata moltissimo. Pensiamo solo che fino agli anni Ottanta, anche nella Riviera Ligure, terra straordinaria da questo punto di vista, gli oli di oliva più famosi non erano neppure vergini, ma erano miscele di prodotti raffinati”.
Farine
Se l’impiego dell’infinita gamma di oli, tutti rigorosamente vergini, apre innumerevoli opportunità per condire e arricchire praticamente ogni piatto, dalle insalate ai risotti, meno ovvio è l’uso delle farine, prodotte rimacinando la parte solida dei semi spremuti. “Si tratta – chiarisce – di prodotti caratterizzati da un’altissima percentuale di proteine, minerali, fibre e vitamine; ma anche di acidi grassi essenziali, tanto importanti soprattutto nell’alimentazione vegana. Sono farine prodotte a partire da nocciole, lino, lentisco, noce o mandorla, o ancora dai semi di ciliegia o di rosa canina, solo per fare alcuni esempi. Alcune deliziose da usare all’interno di frullati e smoothies, che diventano così ricchissimi di proteine, o, in piccole percentuali, anche all’interno di dolci, focacce o creme e vellutate; altre, come la senape o il melograno, con sorprendenti applicazioni nel campo dell’industria cosmetica o in agricoltura.
L’unico vero limite sono la curiosità e la disponibilità a provare sapori nuovi. La farina di cumino, per esempio, da noi è praticamente sconosciuta, mentre in Germania viene spesso usata per arricchire il sapore del pane”
L’altra faccia delle nocciole liguri
Per Parodi, rappresentante di quella crescente categoria di giovani imprenditori sempre più attenti all’ambiente, ogni scelta aziendale comporta delle forti responsabilità e può avere ricadute fondamentali sul territorio. Anche la più piccola: come quella di produrre una semplice crema spalmabile per la prima colazione. “È stata – ricorda – una delle mie prime scommesse. In Liguria abbiamo delle nocciole straordinarie, profumatissime e dolcissime, ma piuttosto piccole e, diciamolo, forse un po’ bruttine, ma che fino agli anni Settanta hanno rappresentato la principale fonte di reddito per intere famiglie. Poi, una quarantina di anni fa, l’industria alimentare ha cominciato a richiedere frutti di dimensioni maggiori e di forma più regolare, così il mercato di questi semi è crollato a favore delle nocciole piemontesi, e una tradizione secolare ha rischiato di andare perduta per sempre”.
Una semplice intuizione
È stato a quel punto che Parodi ha avuto un’intuizione tanto semplice quanto rivoluzionaria: “Se nessuno vuole le nostre nocciole perché sono troppo piccine, be’, possiamo trasformarle in qualcosa di diverso: ed è così che sono nati l’olio, la farina e, dulcis in fundo, una deliziosa crema spalmabile che non teme confronti”. Gli ingredienti sono tre: nocciole (per il cinquantadue per cento), zucchero di canna e olio di nocciola. E la magia è fatta.
L’iniziativa, neanche a dirlo, ha avuto un successo straordinario e in breve ha salvato dall’incuria, se non da morte certa, interi noccioleti nel parco dell’Aveto, tra Genova e Chiavari, e si è subito meritata l’attenzione di Carlo Petrini e di Slow Food, che ha inserito la nocciola Misto Chiavari nel progetto Arca del Gusto per la conservazione delle produzioni a rischio di sparizione. Ne è poi nato un progetto per la promozione di una nuova produzione locale di nocciole, la realizzazione sperimentale di olio (sempre di nocciolo) e il riavvio di un importante segmento di filiera.
In giro per il mondo
Un approccio, questo, che l’imprenditore genovese porta con sé anche nei suoi viaggi attorno al mondo, alla ricerca di coltivazioni che rispettino i suoi standard qualitativi ed etici, dalla California (melograno) al Canada (borragine), dal Sudafrica (rosa rubiginosa e marula) alla Sicilia (mandorle, pistacchio e fico d’India), dal Madagascar (moringa e tamanu) all’Uzbekistan, fino alle Hawaii, all’Australia e all’America Latina.
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