In Russia tra arte e scoperte inattese”
di Fabrizio Mezzo
Sbarcati a Mosca e ritirati i bagagli, con meno tempo d’attesa rispetto a tante altre parti del mondo, arriviamo in hotel verso le 17. I voli per la capitale russa, infatti, sono comodissimi e arrivano tutti tra le 14 e le 16 a seconda della compagnia aerea. In hotel, la prima sorpresa: l’accoglienza con la cerimonia del “Pane e Sale”, uno dei più antichi riti locali di benvenuto, segno di vera ospitalità per le persone da loro ritenute importanti: nella hall, giovani vestite in abiti tradizionali ci offrono un pezzo di karavay (pane dal valore altamente simbolico) collocato su un rushnyk (asciugamano ricamato); il sale (associato alla lunga amicizia) è appoggiato sulla parte superiore della pagnotta. Entriamo subito nell’atmosfera russa e ci viene offerto anche il primo di una lunga serie di “shottini” di vodka che qui – lo imparo a mie spese ma con molto gusto – sono un po’ come il caffè a Napoli.
Giusto il tempo di lasciare i bagagli e ci tuffiamo a vivere la Piazza Rossa, il cui punto di interesse principale è la cattedrale di San Basilio, ideata tra il 1555 e 1561 per ordine di Ivan il Terribile in commemorazione della presa delle città chiave Kazan’ e Astrachan’ e formata da dieci chiese dalle torri fiammeggianti: ciascuna delle prime otto prende il nome dal giorno di un santo patrono, la nona centrale invece è un ex voto alla Madre di Dio, mentre la decima, costruita poco dopo, ospita nella cripta proprio le reliquie del santo a cui è dedicata la cattedrale.
Il mattino successivo è il momento del Cremlino, l’emblema della Russia e uno dei più grandi complessi architettonici del mondo, ricchissimo di reperti storici e monumenti culturali e artistici. Circondato da possenti mura e torri, è una cittadella nella quale si trova la residenza di lavoro dei presidenti russi. Ci dirigiamo verso piazza delle Cattedrali e rimaniamo ammaliati da tre edifici religiosi eccezionali, la cattedrale dell’Assunta, quella di San Michele Arcangelo e l’ultima, detta dell’Annunciazione, per poi spostarci in piazza Ivanovskaya dove vediamo i Tsar Cannon e Tsar Bell, cannoni enormi capaci di lanciare raffiche da ottocento chili di pietre a gittata. La grande collezione dell’Armeria ospita, tra gli altri pezzi, antiche insegne russe, il vestito cerimoniale dello zar e le carrozze reali. Conclusa la giornata ci godiamo il tramonto sulla Piazza Rossa, sorseggiando vodka.
Mosca è una città da vivere a piedi, da visitare perdendosi e ritrovandosi; la navigazione in battello regala scorci altrimenti non visibili. In tre giorni si può già fare e vedere molto, ma bisogna tornare di nuovo per viverla davvero. La nostalgia di canti e ballate dei locali del centro ti resta dentro a lungo.
Il mattino dopo la mia compagna e io scegliamo due visite differenti: lei è più interessata alla scienza e parte con un tour organizzato destinazione spazio; io invece opto per un’esperienza nell’esercito russo.
Famosa in tutto il mondo, dagli anni Sessanta la Città delle Stelle prende il nome dal primo cosmonauta russo, Yuri Gagarin. È un complesso affascinante come quello della NASA a Orlando in Florida ed è il centro di controllo aerospaziale russo nonché il centro di formazione dei cosmonauti. Situato a soli trenta chilometri da Mosca, offre la possibilità di sperimentare e conoscere le attività di addestramento di un astronauta, come Zero-Gravity Flight, il celebre “girello” di James Bond con la rotazione centrifuga. Quando la rivedo la sera, la mia compagna mi racconta che la prova è effettivamente per persone di sana e robusta costituzione e che il “bottone del vigliacco” che ferma la rotazione è una fortissima tentazione! La centrifuga è la più grande del mondo: ha un peso di trecento tonnellate e un “braccio” di diciotto metri. Viene utilizzata nell’istruzione dei cosmonauti per dare loro le competenze necessarie a controllare manualmente la discesa della sonda in condizioni di vera forza G. A seguire la visita alla Soyuz; doveva essere solo in esterna, ma grazie a qualche richiesta e alla gentilezza del personale, il suo gruppo ha visto anche la capsula aperta e il suo interno; a conclusione del tour, la stazione MIR riprodotta a terra e l’incontro con un vero astronauta con tanto di lezione sulla vita in assenza di gravità.

Io invece voglio lanciarmi in un’avventura bellica: difficilmente mi capiterà ancora l’occasione di visitare una vera base militare russa, per cui indosso la divisa e parto con un transfer, per fortuna più comodo dei bus militari. All’arrivo il nostro team viene accolto da uno spettacolo militare di uno dei gruppi speciali, che introduce le tecniche della moderna lotta e difesa personale tattica. Veniamo divisi in due squadre da dieci persone, ognuna delle quali deve affrontare la linea di ostacoli, il labirinto, il ponte spezzato, il muro, la pista da corsa e l’istruzione base per il combattimento corpo a corpo, con e senza armi. Io ho voluto effettuare anche la prova pratica di combattimento, ma ho capito che è meglio se continuo a lottare esclusivamente con i tasti del computer!
Andiamo anche al poligono con i Kalashnikov per le prove di tiro, ci formano per la “difesa contro le armi dello sterminio di massa” e partecipiamo alla scuola guida sulle UAZ (Jeep militari), fino ad attraversare il fiume sulla corda. E poiché questo tipo di divertissement è piuttosto pericoloso, al termine ci spiegano le basi del pronto soccorso. Naturalmente si pranza come veri soldati, sotto la tenda sulla riva del lago.
La mia compagna e io decidiamo di terminare la nostra giornata “tattica” con un’altra visita tra quelle proposte tra i vari tour di Mosca, che si possono trovare e acquistare in base ai propri gusti, scegliendo per coerenza l’escursione al bunker più segreto della città, costruito ai tempi della Guerra fredda come parte del programma di difesa dell’Unione Sovietica. Situato diciotto piani sotto il manto stradale, nella zona Taganskaya, dall’esterno appare come una casa normale tra altri edifici uguali. In realtà è una costruzione a quadrilatero nella quale nessuno abita e dove tutte le finestre, le tende e i fiori sono da sempre posizionati solo per il mascheramento. Qual era il suo scopo? Far sopravvivere i russi a eventuali bombardamenti e assicurare che le telecomunicazioni normali e la difesa dell’Unione Sovietica continuassero anche in caso di attacco nucleare. Il bunker è costituito da oltre settemila metri quadrati di labirinti e tunnel in cui è impossibile orientarsi senza una mappa precisa e una formazione della durata di alcune settimane. La visita è affascinante: dopo la visione di un breve docufilm sulla Guerra fredda e sulle origini della struttura, visitiamo la camera con le attrezzature di comunicazione e proseguiamo scoprendo i segreti di una piccola città sotterranea che ospitava 2500 lavoratori divisi in sette turni. Al tempo era presente tutto il necessario alla sopravvivenza, c’erano locali adeguati per il riposo, una mensa e i bagni. Ovviamente c’era anche il magazzino con una enorme riserva di cibo.
Per dimenticare la guerra, nulla di meglio di uno shot di vodka. Ovviamente! D’altro canto, abbiamo imparato un detto, che qualcuno sostiene sia stato importato mentre altri giurano che sia di qui, ovvero: “Bere non è la risposta, ma bevendo ti scordi la domanda”.

Per l’ultimo giorno a Mosca ci concediamo una passeggiata nel parco Zaryadye, che occupa l’area dove una volta sorgeva il famoso hotel Rossija. Adesso il parco è uno dei simboli della città con il ponte sulla Moscova, a poca distanza dal Cremlino. Immancabile una visita alla cattedrale di Cristo Salvatore, la cui prima pietra venne posata nel 1839 e i cui lavori di costruzione richiesero ben quarantaquattro anni. Progettata da Konstantin Thon in memoria della vittoria contro Napoleone nel 1812, nel 1931 venne distrutta per ordine di Stalin e, dopo la Seconda guerra mondiale, trasformata in un’enorme piscina. Fortunatamente nel 1990 il governo ha deciso di ricostruirla e oggi è l’incarnazione del nuovo paese, con una capienza di ben diecimila persone e un’altezza di centocinque metri, tre e mezzo più della cattedrale di Sant’Isacco a San Pietroburgo. Unica attenzione, se vi recate a visitarla, è il rispetto di alcune regole fondamentali per l’abbigliamento (non è permesso entrare in pantaloni corti e top con spalle scoperte) e degli orari, per i quali vi rimandiamo al sito ufficiale.
Il teatro Bolshoi non poteva mancare nella lista dei posti irrinunciabili: visitare uno dei palcoscenici più prestigiosi e importanti al mondo è un’emozione forte per chi ama opera lirica e balletto. Mentre curiosiamo dietro le quinte osserviamo il palco antico principale, poi quello moderno per le opere minori, i praticabili da cui entrano ed escono cantanti e ballerini, scenografie e attrezzisti… la mente corre alle opere viste tante volte in televisione!
Salutiamo Mosca per spostarci a San Pietroburgo (ex Stalingrado, ex Leningrado, in un girotondo di battesimi ricorrenti). Dopo aver prenotato con due mesi di anticipo per via della forte richiesta, viaggiamo sul comodissimo treno ad alta velocità Sapsan (nome in russo Сапсан, che sta per “Falco Pellegrino”), prodotto da Siemens, che, grazie ai suoi duecentocinquanta chilometri orari di velocità massima, consente di arrivare dalla capitale alla città baltica in poco meno di quattro ore.
Giusto il tempo di appoggiare i bagagli in camera e ci dirigiamo all’Ermitage, che contende al Louvre il titolo di museo più grande del mondo ed è ospitato nel Palazzo d’Inverno: un tempo residenza degli zar, oggi è il luogo ideale per ammirare opere di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Rembrandt e Rubens oltre alla collezione impressionista. Scarpe da running ai piedi, decidiamo di fermarci solo davanti ad alcuni capolavori: hanno calcolato che con uno stop per ogni pezzo esposto la visita durerebbe ben undici anni! Il giro completo – ci informa l’iPhone – è lungo ventidue chilometri e duecentoventicinque metri.
Al mattino successivo le gambe sono in piena forma, nonostante il percorso al museo, e quindi esploriamo San Pietroburgo ammirandone alcuni luoghi iconici: il Passage e il mercato degli agricoltori locali; la Fortezza di Pietro e Paolo (con passaggio segreto e bastioni) e, per finire, ci addentriamo tra i caratteri cirillici e cerchiamo di capire qualche parola nelle più belle stazioni della metropolitana, decorate e differenti da quelle asettiche alle quali siamo abituati. Poi, alla sera, teatro! Impensabile venire in Russia e non andare al Kirov, come continuo a chiamarlo io e com’era denominato durante l’era sovietica, anche se oggi si chiama Mariinskij. Il Mariinskij è un teatro storico, sia per l’opera sia per il balletto, e il suo impatto paesaggistico è già di per sé una piccola opera d’arte. È il luogo cult della danza sovietica, quello che ha visto nascere le leggende di “Misha” Mikhail Baryshnikov e Rudolf Nureyev prima che scappassero in Occidente. Con una sapiente prenotazione online di alcuni mesi prima dall’Italia, abbiamo avuto l’onore di mescolarci ai russi, che hanno tariffe agevolate come residenti, e vivere una serata di balletto. Siamo usciti volteggiando nonostante il clima rigido.
Da San Pietroburgo con un bus andiamo a Puškin, a circa venticinque chilometri, per visitare il Palazzo di Caterina con la sua famosissima Camera d’Ambra, un capolavoro architettonico in stile rococò che fu residenza estiva degli zar di Russia. L’edificio ha vissuto una storia travagliata: la costruzione, iniziata nel 1717 per volere dell’imperatrice Caterina I, ha visto cambiare il suo progetto e la sua forma varie volte nel corso degli anni anche a causa di crolli e bombardamenti, fino alla ricostruzione finale avvenuta alla fine del XVIII secolo. Dopo la caduta della monarchia, però, l’Unione Sovietica ha deciso di non utilizzare il palazzo come sede di abitazione o rappresentanza, trasformandolo in museo. Durante la Seconda guerra mondiale il palazzo è stato di nuovo gravemente danneggiato; il suo recupero ha richiesto molti anni e ancora non è terminato. La visita è un must e la tormentata storia del palazzo strega noi come gli altri visitatori.
