Per me la cucina 100% vegetale è il futuro.
di Elisa Orlandotti
Ne vediamo moltissimi di chef in Redazione, alla FunnyVeg Academy, negli eventi che promuoviamo e ai quali partecipiamo. Ma lui ci ha colpiti per il suo essere disponibile, assertivo, appassionato e solare, pronto a mettersi in discussione per crescere professionalmente. Chef Tomas Marfella in effetti non passa inosservato, è un bel ragazzo che ha voglia di apparire (è anche modello di nudo artistico per una scuola di fotografia!), ma anche padre affettuoso di due bambine. Adora la cucina vegetale, non per etica, ma per le caratteristiche che le sono proprie.
Su di lui, che ha lavorato per Pomì, Technogym, Quorn ed è attualmente chef per Euro Company, è caduta la nostra scelta come professionista dalla marcia in più per ideare un menu adatto alle feste. E tra una spadellata e l’altra ci siamo fatti due chiacchiere.
Cosa ti ha fatto innamorare del cibo?
Da piccolo ero veramente schizzinoso, mangiavo soltanto pasta e pizza al pomodoro; mi dava fastidio anche il vapore di quando si scolava! Poi a un certo punto ho iniziato ad assaggiare diverse pietanze e a scoprire che alcune mi piacevano, ma mia mamma non le sapeva preparare. È stata quindi la necessità a portarmi a studiare la cucina. Dopo le medie sono andato all’alberghiera. Al tempo avevo diversi piercing sul viso; lo chef me li faceva tenere, mentre il docente di sala me li faceva togliere: è stata la conferma che la mia strada era dietro ai fornelli! Poi mi sono appassionato un sacco. Sono stato uno dei pochi studenti a trovare subito lavoro: già a quindici anni ero occupato nella stagione estiva e nel weekend d’inverno. Era ormai scattato l’amore.
Sei chef a tutto tondo, lavori nei ristoranti dove cucini per numerosi ospiti, ma presti servizio anche in fiere, fai show cooking e presentazioni di prodotto. Qual è il ruolo che senti più tuo?
Fino allo scorso anno ti avrei detto il cuoco in cucina, ma oggi cambierei risposta perché mi sento più consapevole dell’importanza della comunicazione e appassionato del marketing dei prodotti, a partire dalla fotografia fino a toccare ogni aspetto della divulgazione e di tutto quello che è spettacolo e insegnamento. Mi sono reso conto in questi anni che riesco a trasmettere alle persone quanto ho imparato, raccontando cose che anch’io non pensavo di conoscere, ma evidentemente in qualche modo erano entrate a far parte del mio scibile.
La tua cucina ha un segno distintivo, qualcosa che sigla i tuoi piatti e ti distingue da tutti gli altri chef?
Sì, in primis le cotture; se necessarie, sono brevissime. Lo vedete anche nel caso delle ricette che sto preparando per FunnyVegan. Cerco di non imbastardire tanto le materie prime mantenendo il sapore più puro possibile.
Nelle spezie poi sono molto selettivo: è difficile che usi la curcuma; se aggiungo l’aglio lo prediligo nero perché la fermentazione lo rende maggiormente digeribile con un tono di liquirizia davvero gradevole, mentre l’aglio bianco lo sfrutto poco e solo nelle preparazioni classiche. Il timo è l’aromatica che adoro maggiormente e la metterei ovunque! In ultimo non uso mai le melanzane perché sono allergico.
Che rapporto hai con la cucina 100% vegetale?
È da più di un anno che ho fatto mia questa scelta alimentare. Volevo provare su di me cosa cambiava nel corpo nel momento in cui si smetteva di mangiare i derivati animali, visto che mi capitava di affrontare il tema del vegan sul lavoro. Sono una persona che vuole capire le cose e approfondire. E vi dico di più: per me la cucina 100% vegetale è il futuro.
E come ha reagito il tuo corpo nel mangiare solo vegetale?
Sto decisamente meglio! Avevo paura per tutti gli sport che faccio, invece non c’è stata nessuna ripercussione sul mio fisico. Ho sfatato, per quanto mi riguarda, tutti i miti di carenze che vengono associati sistematicamente a questa dieta.
Poi devo confessarvi che non mi piace cucinare la carne, nonostante sia cresciuto nella cucina onnivora da quando ho quattordici anni. A tutt’oggi eseguo ricette con derivati animali perché sono costretto dal lavoro. Adoro invece preparare le verdure e i piatti come questi – indica quello che diventerà il nostro pranzo, rigorosamente solo dopo aver effettuato il set fotografico per la rivista, NdR – ma ancora oggi non è possibile lavorare solo nel veg; questo è un problema grave di cui soffro non solo io, ma anche molti professionisti e lo so per certo perché ne ho raccolto le confidenze.
La richiesta più strana che ti hanno fatto al lavoro?
Ne ho avute davvero migliaia, ma una assurda me la sono sentita fare un giorno che avevo in menu un cappelletto ripieno di pomodorini cotti a bassa temperatura e crema di ceci: una signora mi chiese se potevo togliere la crema di ceci dall’interno! Io ho risposto scherzando che avrei potuto farlo con la cannuccia, ma non era molto igienico…
Qual è invece la tua conquista professionale più grande?
Ho sempre raggiunto molti obiettivi perché mi appassiona lavorare e mi sono sempre impegnato tantissimo, ma quello più grande è stato lo scorso anno quando ho deciso di mettermi in gioco, diventare libero professionista, cercare i clienti e gestire da solo i miei progetti. Tutti mi dicevano di non rinunciare alla tranquillità economica, ma io volevo costruire la mia carriera per me stesso; volevo tornare a casa, darmi una pacca sulla spalla dicendomi: “Bravo, Tommy. Sei stato in gamba: hai fatto queste fatture, hai portato a termine questo incarico e sono stati tutti contenti. Sei stato bravo e domani si riparte”. Poi sono una persona dinamica, il posto fisso non è per me.
Adesso ti metto in crisi: hai tantissimi tatuaggi, scegline uno e dimmi cosa rappresenta per te.
Vedi – afferma dopo aver lungamente pensato NdR – questo disegno di piume che ho sul collo? Sono piume di pavone, animale noto per mettersi in mostra. Io mi sento un po’ pavone… per fare lo chef oggi devi essere appariscente, farti notare, far vedere che ci sei anche tu. Ma voglio che “il mio piumaggio” non porti l’attenzione solo sulla mia persona, ma anche sui miei messaggi relativi alla cucina.
Cosa non può mancare sulla tua tavola natalizia?
I cappelletti! Si può scegliere il ripieno, ma non la tipologia di primo piatto! A proposito di tavola natalizia vi voglio raccontare un aneddoto che riguarda il tempeh, tagliato come ho fatto per la ricetta che stiamo eseguendo: dove sono nato e cresciuto, in Romagna, si usa spesso fare lo spezzatino durante questo periodo. L’anno scorso non ero a casa per il 25 dicembre, ma ho lasciato un piatto pronto a base di cubetti di tempeh con castagne e mirtilli. I miei famigliari lo hanno mangiato, chiedendosi di quale animale si trattasse, convinti che fosse carne!
E nella calza per le tue bambine in occasione della befana?
Il carbone! Sono bravissime – ride, NdR – ma serve un incentivo per essere ancora più brave! Ci metto poi tanti dolcetti e un gioco, cercando di capire prima cosa desiderano. Sia chiaro: sono bandite totalmente da anni le caramelle tradizionali fatte di ossi e cartilagine animali; vado alla ricerca di quelle che facciano bene e che siano buone.
Hai progetti a breve termine?
Sì. Sto scrivendo un libro, anche se sono abbastanza indietro sulla tabella di marcia a causa degli impegni di lavoro. Si tratta di un volume in cui racconto come vivono i cuochi in cucina in base alle mie esperienze, com’è la vita di chi sceglie questo mestiere dietro ai fornelli tra caldo, stress, clienti, tagli e scottature, con aneddoti e ricette, sulla falsa riga del libro di Kitchen Confidential di Anthony Bourdain (Feltrinelli, 2005). Può essere un bagno di umiltà per quelle persone convinte che la cucina reale sia quella di MasterChef e della televisione.
Come ti vedi tra dieci anni?
Sereno. Spero di poter portare a termine un progetto a cui tengo: la produzione di una sorta di factory – una sorta di FunnyVeg, NdR – dove svolgere tutte le attività di chef, attuali e future, uno spazio funzionale per la scuola di cucina, set fotografici, catering, test prodotto, summit per aziende, show cooking, cene private. Un posto mio, tutto mio.
Invece i miei piatti tra un decennio li immagino con pochi ingredienti, ma di estrema qualità.
Per me la cucina 100% vegetale è il futuro.
di Elisa Orlandotti
Ne vediamo moltissimi di chef in Redazione, alla FunnyVeg Academy, negli eventi che promuoviamo e ai quali partecipiamo. Ma lui ci ha colpiti per il suo essere disponibile, assertivo, appassionato e solare, pronto a mettersi in discussione per crescere professionalmente. Chef Tomas Marfella in effetti non passa inosservato, è un bel ragazzo che ha voglia di apparire (è anche modello di nudo artistico per una scuola di fotografia!), ma anche padre affettuoso di due bambine. Adora la cucina vegetale, non per etica, ma per le caratteristiche che le sono proprie.
Su di lui, che ha lavorato per Pomì, Technogym, Quorn ed è attualmente chef per Euro Company, è caduta la nostra scelta come professionista dalla marcia in più per ideare un menu adatto alle feste. E tra una spadellata e l’altra ci siamo fatti due chiacchiere.
Cosa ti ha fatto innamorare del cibo?
Da piccolo ero veramente schizzinoso, mangiavo soltanto pasta e pizza al pomodoro; mi dava fastidio anche il vapore di quando si scolava! Poi a un certo punto ho iniziato ad assaggiare diverse pietanze e a scoprire che alcune mi piacevano, ma mia mamma non le sapeva preparare. È stata quindi la necessità a portarmi a studiare la cucina. Dopo le medie sono andato all’alberghiera. Al tempo avevo diversi piercing sul viso; lo chef me li faceva tenere, mentre il docente di sala me li faceva togliere: è stata la conferma che la mia strada era dietro ai fornelli! Poi mi sono appassionato un sacco. Sono stato uno dei pochi studenti a trovare subito lavoro: già a quindici anni ero occupato nella stagione estiva e nel weekend d’inverno. Era ormai scattato l’amore.
Sei chef a tutto tondo, lavori nei ristoranti dove cucini per numerosi ospiti, ma presti servizio anche in fiere, fai show cooking e presentazioni di prodotto. Qual è il ruolo che senti più tuo?
Fino allo scorso anno ti avrei detto il cuoco in cucina, ma oggi cambierei risposta perché mi sento più consapevole dell’importanza della comunicazione e appassionato del marketing dei prodotti, a partire dalla fotografia fino a toccare ogni aspetto della divulgazione e di tutto quello che è spettacolo e insegnamento. Mi sono reso conto in questi anni che riesco a trasmettere alle persone quanto ho imparato, raccontando cose che anch’io non pensavo di conoscere, ma evidentemente in qualche modo erano entrate a far parte del mio scibile.
La tua cucina ha un segno distintivo, qualcosa che sigla i tuoi piatti e ti distingue da tutti gli altri chef?
Sì, in primis le cotture; se necessarie, sono brevissime. Lo vedete anche nel caso delle ricette che sto preparando per FunnyVegan. Cerco di non imbastardire tanto le materie prime mantenendo il sapore più puro possibile.
Nelle spezie poi sono molto selettivo: è difficile che usi la curcuma; se aggiungo l’aglio lo prediligo nero perché la fermentazione lo rende maggiormente digeribile con un tono di liquirizia davvero gradevole, mentre l’aglio bianco lo sfrutto poco e solo nelle preparazioni classiche. Il timo è l’aromatica che adoro maggiormente e la metterei ovunque! In ultimo non uso mai le melanzane perché sono allergico.
Che rapporto hai con la cucina 100% vegetale?
È da più di un anno che ho fatto mia questa scelta alimentare. Volevo provare su di me cosa cambiava nel corpo nel momento in cui si smetteva di mangiare i derivati animali, visto che mi capitava di affrontare il tema del vegan sul lavoro. Sono una persona che vuole capire le cose e approfondire. E vi dico di più: per me la cucina 100% vegetale è il futuro.
E come ha reagito il tuo corpo nel mangiare solo vegetale?
Sto decisamente meglio! Avevo paura per tutti gli sport che faccio, invece non c’è stata nessuna ripercussione sul mio fisico. Ho sfatato, per quanto mi riguarda, tutti i miti di carenze che vengono associati sistematicamente a questa dieta.
Poi devo confessarvi che non mi piace cucinare la carne, nonostante sia cresciuto nella cucina onnivora da quando ho quattordici anni. A tutt’oggi eseguo ricette con derivati animali perché sono costretto dal lavoro. Adoro invece preparare le verdure e i piatti come questi – indica quello che diventerà il nostro pranzo, rigorosamente solo dopo aver effettuato il set fotografico per la rivista, NdR – ma ancora oggi non è possibile lavorare solo nel veg; questo è un problema grave di cui soffro non solo io, ma anche molti professionisti e lo so per certo perché ne ho raccolto le confidenze.
La richiesta più strana che ti hanno fatto al lavoro?
Ne ho avute davvero migliaia, ma una assurda me la sono sentita fare un giorno che avevo in menu un cappelletto ripieno di pomodorini cotti a bassa temperatura e crema di ceci: una signora mi chiese se potevo togliere la crema di ceci dall’interno! Io ho risposto scherzando che avrei potuto farlo con la cannuccia, ma non era molto igienico…
Qual è invece la tua conquista professionale più grande?
Ho sempre raggiunto molti obiettivi perché mi appassiona lavorare e mi sono sempre impegnato tantissimo, ma quello più grande è stato lo scorso anno quando ho deciso di mettermi in gioco, diventare libero professionista, cercare i clienti e gestire da solo i miei progetti. Tutti mi dicevano di non rinunciare alla tranquillità economica, ma io volevo costruire la mia carriera per me stesso; volevo tornare a casa, darmi una pacca sulla spalla dicendomi: “Bravo, Tommy. Sei stato in gamba: hai fatto queste fatture, hai portato a termine questo incarico e sono stati tutti contenti. Sei stato bravo e domani si riparte”. Poi sono una persona dinamica, il posto fisso non è per me.
Adesso ti metto in crisi: hai tantissimi tatuaggi, scegline uno e dimmi cosa rappresenta per te.
Vedi – afferma dopo aver lungamente pensato NdR – questo disegno di piume che ho sul collo? Sono piume di pavone, animale noto per mettersi in mostra. Io mi sento un po’ pavone… per fare lo chef oggi devi essere appariscente, farti notare, far vedere che ci sei anche tu. Ma voglio che “il mio piumaggio” non porti l’attenzione solo sulla mia persona, ma anche sui miei messaggi relativi alla cucina.
Cosa non può mancare sulla tua tavola natalizia?
I cappelletti! Si può scegliere il ripieno, ma non la tipologia di primo piatto! A proposito di tavola natalizia vi voglio raccontare un aneddoto che riguarda il tempeh, tagliato come ho fatto per la ricetta che stiamo eseguendo: dove sono nato e cresciuto, in Romagna, si usa spesso fare lo spezzatino durante questo periodo. L’anno scorso non ero a casa per il 25 dicembre, ma ho lasciato un piatto pronto a base di cubetti di tempeh con castagne e mirtilli. I miei famigliari lo hanno mangiato, chiedendosi di quale animale si trattasse, convinti che fosse carne!
E nella calza per le tue bambine in occasione della befana?
Il carbone! Sono bravissime – ride, NdR – ma serve un incentivo per essere ancora più brave! Ci metto poi tanti dolcetti e un gioco, cercando di capire prima cosa desiderano. Sia chiaro: sono bandite totalmente da anni le caramelle tradizionali fatte di ossi e cartilagine animali; vado alla ricerca di quelle che facciano bene e che siano buone.
Hai progetti a breve termine?
Sì. Sto scrivendo un libro, anche se sono abbastanza indietro sulla tabella di marcia a causa degli impegni di lavoro. Si tratta di un volume in cui racconto come vivono i cuochi in cucina in base alle mie esperienze, com’è la vita di chi sceglie questo mestiere dietro ai fornelli tra caldo, stress, clienti, tagli e scottature, con aneddoti e ricette, sulla falsa riga del libro di Kitchen Confidential di Anthony Bourdain (Feltrinelli, 2005). Può essere un bagno di umiltà per quelle persone convinte che la cucina reale sia quella di MasterChef e della televisione.
Come ti vedi tra dieci anni?
Sereno. Spero di poter portare a termine un progetto a cui tengo: la produzione di una sorta di factory – una sorta di FunnyVeg, NdR – dove svolgere tutte le attività di chef, attuali e future, uno spazio funzionale per la scuola di cucina, set fotografici, catering, test prodotto, summit per aziende, show cooking, cene private. Un posto mio, tutto mio.
Invece i miei piatti tra un decennio li immagino con pochi ingredienti, ma di estrema qualità.