i veri tesori sono capaci di sorprendere anche chi ha girato il mondo, regalandogli quello stupore sempre più raro, in una realtà dove tutto è già visto, sentito, condiviso e cliccato“
di Francesca Bresciani
Foto di Tommaso Cazzaniga
Esistono paesi di cui la maggior parte delle persone non sa quasi nulla. Paesi che non seducono con palme e mojito, resort di lusso o attrazioni turistiche taggate sui social media dai blogger di tendenza. Paesi che, diciamola tutta, molti non sarebbero in grado di collocare sulla cartina geografica. Ecco, è lì che si nascondono i veri tesori, capaci di sorprendere anche chi ha girato il mondo, regalandogli quello stupore sempre più raro, in una realtà dove tutto è già visto, sentito, condiviso e cliccato.
L’Uzbekistan vi sbalordirà, portandovi sulle antiche vie della seta, facendovi immaginare storie di commerci, amori, massacri, scoperte. Vi inebrierà con le sue spezie e l’aroma fragrante del suo pane, vi ipnotizzerà con mosaici e minareti. Cosa aspettate?
Sbarcati all’aeroporto di Tashkent, mostrate il visto che avete diligentemente richiesto qualche settimana prima di partire e aspettate la valigia al ritiro bagagli. Più che un aeroporto, sembra una sede UPS: sul nastro trasportatore scorrono decine di scatoloni tenuti insieme da metri di nastro adesivo glitterato, il perfetto abbinamento ai sacchetti e sacchettini con cui i vostri compagni di viaggio uzbeki hanno giocato a tetris nelle cappelliere dell’aereo durante il volo. Recuperate il bagaglio e uscite fuori, dove una ressa di taxisti non aspetta altro che condurvi al vostro hotel. Pagate i quindici dollari che chiedono tutti (una sorta di tariffa fissa), ma sappiate che d’ora innanzi ogni corsa vi costerà al massimo un paio di dollari. Restate nella capitale uzbeka un giorno solo, consapevoli che le vere meraviglie del paese sono custodite a Samarcanda e Bukhara.
Tashkent
Bazar Chorsu
Superate gli ampli viali di cemento, sorridendo del tentativo (vano) del passato sovietico di imbrigliare la fantasia creativa degli uzbeki. Giungete al Bazar Chorsu, l’immenso mercato sormontato da una cupola verde acceso che sorge all’estremità meridionale della Città Vecchia. Al suo interno, un mondo vivace di persone, colori, profumi. Zigzagate tra gli arcobaleni di spezie, frutta secca, dolcetti e cereali; oltrepassate deliziosi meloni, pomodori odorosi, albicocche dolcissime, gli irresistibili cestini di more, gelso e lamponi; esplorate l’area dedicata al non, il pane sacro uzbeko. Usato un tempo come moneta, non può essere tagliato (ma solo spezzato) né capovolto. Enormi pani a forma di ruota, cotti in forni d’argilla e decorati con stampini, colmano tavoli dietro cui si trovano i mastri fornai al lavoro. Una donna dalle forme generose vi invita ad assaggiarne un pezzetto, lanciando il sortilegio che immancabilmente colpisce ogni visitatore: da ora, dovrete ricorrere a tutte le vostre forze per non mangiare chili e chili di pane ogni giorno.
Madrasa Kukeldash
Abbandonate il mercato con una borsa di frutta e non e vi recate verso la Madrasa Kukeldash, sulla collina che domina il mercato, proprio accanto alla Moschea Juma (del venerdì). L’Uzbekistan incanta con le sue madrase, antiche scuole islamiche restaurate e aperte al pubblico. Nel cortile interno della madrasa medievale sorge un giardino rigoglioso con un enorme albero di albicocche e tutto attorno si affacciano le cellule abitate dagli studenti. I mosaici azzurri sul portale e all’interno brillano sotto il solleone, confondendosi sullo sfondo di un cielo turchese. Fermatevi sul ciglio della strada e in 3, 2, 1… ecco, una macchina si ferma per condurvi dove volete. Sono gli “Uber” uzbeki, così efficienti che non hanno nemmeno bisogno di un’app per scarrozzarvi.
Khast Imom
Arrivate al Khast Imom, il centro religioso ufficiale della repubblica uzbeka. Nel museo-biblioteca Moyie Mubarek potete vedere il Corano di Osama, il più antico del mondo. Alzate gli occhi al cielo e notate la cupola dipinta sopra l’enorme Corano: celestiale, fresca, un angolo di beatitudine rispetto al sole a picco che flagella i passanti fuori. Quasi quasi, tornati a casa, ve ne fate costruire una anche voi… Usciti, camminate nel complesso e vi fermate sotto un albero, accanto a dei bambini curiosi. Intorno a voi, il candore della piazza, il caldo secco, il blu delle volte che gareggia con quello del cielo sereno, i dettagli mirabolanti del minareto e delle volte, con le preghiere dell’imam di sottofondo, una sorta di ninnananna per l’anima: benvenuti in Uzbekistan. E il meglio deve ancora venire!
Samarcanda
Il giorno dopo, il favoloso treno Afrosiyob ad alta velocità vi porta a Samarcanda in appena due ore. Samarcanda! Immaginate le antiche carovane che viaggiavano per settimane nel deserto, sotto il sole cocente, e poi arrivavano qui, dove lo splendore e l’incanto sopraffacevano i mercanti come oggi travolgono i pochi turisti. Samarcanda è un sogno a occhi aperti. Affascinò già Alessandro Magno, ma fu Tamerlano, il sanguinario conquistatore oggi eroe nazionale, che la rese una gioia per gli occhi, attirando artisti e sapienti da tutta l’Asia.
Cominciate la visita da Shah-i-Zinda (la tomba del re vivente), dove riposano i membri della famiglia di Tamerlano. Il lungo viale chiaro è costellato da mausolei decorati con meravigliose piastrelle smaltate, dalle infinite sfumature di azzurro e dai disegni armoniosi. Dalle porte di legno intarsiato entrano ed escono famiglie uzbeke in pellegrinaggio, sussurrando commenti e aggiungendo il giallo, l’arancione e il fucsia dei loro maglioncini acrilici ai colori dei mosaici.
Proseguite a piedi fino alla mastodontica Moschea di Bibi-Khanym, passando dal Bazar Siob, un tripudio di zafferano, cumino, ciliegie, fragole e l’immancabile pane fragrante e sempre caldo. La moschea, fatta costruire dalla moglie cinese di Tamerlano come sorpresa, era tra le più grandi del mondo islamico e ancora impressiona per le sue dimensioni (la cupola principale è alta quarantuno metri). Oggi sono visibili i segni del terremoto del 1897 e vi aleggiano i fantasmi di un passato glorioso che ha lasciato il posto a una profonda pace.
Registan
Ancora pochi passi e siete nel cuore palpitante di Samarcanda: il Registan, un complesso mozzafiato di imponenti e regali madrase adornate di fantasmagorici mosaici e maioliche. Gli edifici hanno sfidato il tempo e i terremoti, e, anche grazie all’instancabile determinazione sovietica di ricostruire e ristrutturare, oggi svettano come miraggi nel deserto abbagliando con l’armoniosa perfezione dei loro dettagli. La Madrasa di Ulugh Beg, risalente al 1420, sorge sul lato occidentale di fronte alla Madrasa Sher Dor, decorata con leoni (che in realtà sembrano tigri) ruggenti. In mezzo, la Madrasa Tilla Kari, nel cui giardino idilliaco trovate ristoro. Entrate nella moschea e sollevate il naso per contemplare la volta d’oro: incorniciata di stelle che scendono come stalattiti, inganna l’occhio con cerchi concentrici di foglie di lamine dorate che si aprono come mani adoranti sullo sfondo di uno sfarzoso blu lapislazzulo, verso un centro che è solo illusione, visto che la struttura è in realtà piatta. Osservarla è una meditazione profonda che scandaglia gli abissi della bellezza in cui sprofondate, beati e appagati. Se non siete troppo ubriachi di stupore, visitate l’Osservatorio di Ulugh Beg, dove il principe astronomo fece costruire un astrolabio di trenta metri, di cui oggi è visibile l’impressionante parte ricurva scavata nella collina. Ulugh Beg calcolò la durata dell’anno tropico sbagliando di soli venticinque secondi e l’inclinazione assiale della Terra senza errore. Fermatevi alla tomba del profeta Daniele, dove giace il sarcofago di ben diciotto metri, all’interno del quale si dice che il corpo del santo cresca di un centimetro all’anno. Al tramonto, recatevi al Mausoleo di Gur-e Amir, dove sono sepolti Tamerlano e Ulugh Beg. La cupola azzurra scanalata arrossisce al calare del sole, presagendo lo spettacolo del manto stellato che a breve avvolgerà la città.
Samarcanda disorienta con i suoi contrasti: grandi spazi vuoti si alternano a galassie di dettagli dipinti e intarsiati; lo charme della sua storia non può liberarsi dello spettro di tragedie e massacri; i silenzi sacri delle notti convivono con il chiasso festoso dei ristoranti brulicanti di avventori allegri e alticci; l’estro uzbeko è a fatica domato dalle briglie della rigida organizzazione di stampo sovietico.
Bukhara
Quando, il giorno seguente, l’Afrosiyob vi porta a Bukhara, vi è difficile immaginare qualcosa di meglio di Samarcanda. Ma venite sorpresi, ancora una volta.
Bukhara è un viaggio nel viaggio. Ferma nel tempo da due secoli, vi catapulta nelle storie misteriose dei carovanieri, dei commerci, dello splendore delle arti e dello studio delle stelle. Camminate nella polvere e dimenticate l’asfalto, il cemento, la modernità. Tutto sa di sole, di terra, di azzurro. Immergetevi nell’ombra ristoratrice dei bazar coperti sormontati da volte perfette, curiosando tra i negozi di souvenir: tappeti di seta che scintillano di riflessi color carta da zucchero, ciliegia e mattone, vere e proprie leggende intessute da mani rugose; coltelli taglienti; gioielli appariscenti, cascate di pietre incastonate in argenti antichi; piatti dipinti più blu del mare; cappelli-condomini di pulci che regalerete a chi volete prendere in giro.
Tra il Bazar Taki-Sarrafon e il Bazar Taki-Telpak Furushon, sorge la Moschea Maghoki-Attar, la più antica dell’Asia Centrale, costruita sui resti di un tempio buddista e di un tempio zoroastriano. L’edificio emana un’aura di fascino esoterico, che nemmeno le comitive di turisti affaticati e sciolti dal sole riescono a smorzare. Continuate oltre le acacie di Costantinopoli e i loro batuffoli rosa pallido, fino alla magnifica Madrasa di Ulugh Beg (sempre lui, il mecenate delle scienze e delle arti), la più antica della regione (1417), e immaginate gli studenti che un tempo abitavano nelle sue stanze azzurre correre tra una lezione e l’altra nel cortile. Di fronte all’edificio, la Madrasa di Abdul Aziz Khan regge il confronto con la sorella senza imbarazzo. Sedetevi sul gradino dell’entrata, tra le matrone appollaiate e cinguettanti in attesa dell’affare della giornata. I loro sorrisi dorati (gli uzbeki amano ricoprirsi i denti d’oro) luccicano anche all’ombra, mentre voi venite ipnotizzati dalle madrase, stretti in un sontuoso abbraccio color lapislazzulo. Una brezza leggera soffia tra i possenti giganti architettonici, e solleva i vostri pensieri in alto, fino alle volte e alle nicchie.
Minareto di Kalon
Più avanti, il Minareto di Kalon svetta come un cobra nel deserto. Alto quarantasette metri, impressionò persino Gengis Khan, che decise di risparmiarlo. Ai suoi piedi si trova la Moschea di Kalon. Ancora una volta, sedete tra titani. Dovete sforzare gli occhi per ritagliare i contorni della cupola turchese della moschea sullo sfondo del cielo, e perdete il conto delle innumerevoli maioliche blu, che sfavillano come pietre preziose gettate nella terra. Una bambina vestita da bomboniera corre nella piazza, sulle guance ha lentiggini bellissime, come i semi nelle angurie rosse uzbeke. Il vostro sguardo è un cavallo allo stato brado, che corre tra gli spazi vasti, chiari, della piazza color sabbia e poi compie acrobazie tra le nicchie, le volte e i loro dettagli perfetti. Entrate nella moschea, camminando al ritmo di un respiro calmo e rilassato, al suono delle tortorelle cigolanti che volano da un gelso all’altro. Di fronte alla moschea, la Madrasa di Mir-i Arab vi strizza l’occhio, invitandovi a entrare. Ma dovete accontentarvi di una fugace occhiata, perché è attiva e al suo interno gli studenti indaffarati non possono essere disturbati.
Ancora qualche passo e siete all’Ark, l’antica cittadella regale risalente al V secolo. Nel labirinto di cortili si affacciano corti, sale e quel che resta degli appartamenti reali. Di fronte all’Ark si apre il Registan, la piazza medievale di Bukhara, nota per le feroci esecuzioni.
Sta tramontando il sole, è ora di riposarvi nella piazza di Lyab-i Hauz. Costruita intorno a una vasca nel 1620 e costellata da gelsi, sculture kitsch di cicogne e cammelli e tavolini, è il luogo perfetto per raccogliere i pensieri e sorseggiare una bibita fresca. La piazza è sorvegliata dalla Madrasa di Nadir Divanbegi a est e dalla Madrasa di Kukeldash a nord. Sedetevi sotto il gazebo di legno del caffè più chic e rilassatevi al suono dei getti d’acqua delle fontane ai lati della vasca. Papere bianche e nere fanno capriole nell’acqua verdastra, mentre i raggi caldi del sole illuminano i coriandoli d’acqua liberati dai getti, come glitter che fanno di un pomeriggio ordinario una festa. Fatevi coccolare ancora un po’ dall’impareggiabile ospitalità uzbeka e pregustate la cena vegana che vi godrete in cima a una romantica terrazza.
Uzbekistan. Chi l’avrebbe detto che nascosta nella cartina geografica, in un punto non ben precisato dell’Asia Centrale, avreste trovato tanta bellezza?
Durante il viaggio in treno di ritorno verso Tashkent perdete il filo dei pensieri tra le montagne spoglie all’orizzonte e sorridete, perché sapete che in qualunque momento, in mezzo al deserto, potreste avvistare qualcosa di straordinario e dipinto di azzurro, che secoli fa un uomo ha creato seguendo il flusso delle sue emozioni. Ah, che stupore!
Dove mangiare
- Tashkent: Jumanji, Yusuf Khos Khodjib Street, 62. Un ristorante fusion che offre tofu saltato con riso, involtini di melanzane con ripieno di noci e fiumi di verdure fresche.
- Samarcanda: Platan, Pushkin Street, 2. Dovrete accontentarvi, perché a Samarcanda non ci sono ristoranti veramente vegan friendly, ma una generosa vitamin salad (il nome dice tutto) e vari piatti di verdure grigliate, arrostite o al vapore servite con pane e riso saranno in grado di riempirvi la pancia.
- Bukhara: Minzifa, Khujarushnoy Street, 6. Provate i gustosi gul khanum, dumpling di barbabietola ripieni di verdure di stagione; il tipico plov, il piatto nazionale uzbeko, preparato nella sua versione veg con riso, uvette, carote e ceci; i favolosi spiedini di verdura; le insalate freschissime e colorate.
Dove dormire
Controllate le offerte su Booking.com e prenotate in anticipo, per non farvi rubare le stanze migliori dalle comitive di pensionati. A Samarcanda ci è piaciuto il Platan Hotel, elegante e confortevole. A Bukhara optate per un boutique hotel nel cuore della città vecchia, nascosto dietro mura spesse, dove sorseggiare del tè verde all’ombra di un cortile ammirando affreschi e intarsi. Noi ci siamo innamorati del Komil Bukhara Boutique Hotel, del suo staff gentilissimo e delle montagne di albicocche, marmellata fatta in casa e pane fragrante della colazione.
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