di Grazia Cacciola
Dall’alba della nostra civiltà giochiamo con il fuoco e col cibo, combinandoli in molteplici maniere per ottenere gusti e consistenze diverse. Uno dei modi più estremi di utilizzo del fuoco in cucina è il flambé, che oggi stiamo riscoprendo e rinnovando. Flambare, dal francese flamber, si riferisce a una preparazione cotta su cui, a pietanza pronta, viene versato un liquore. Il superalcolico si lascia infiammare, per bruciare lo spirito e conservare l’aroma che con il calore risulterà molto più corposo e percettibile. Cognac e rum sono i liquori per eccellenza del flambé, ma tra gli chef più creativi c’è chi non disdegna la grappa, la vodka o altri fatti in casa con aromi più particolari come la liquirizia.
Grazie alla sua natura scenografica, con la fiammata improvvisa nella padella o nel piatto di portata, ha avuto un lungo periodo di successo tra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento. Oggi sta tornando in auge più come gusto che come spettacolarizzazione del piatto, sebbene non si possa negare l’intramontabile effetto del fuoco vivo su una farinata o un gelato. Attualmente si apprezza più il risultato del metodo: sulla superficie dei cibi l’alcol evapora lasciando solo un retrogusto legato al liquore scelto; anche l’acqua evapora facendo concentrare gli aromi, i grassi si sciolgono, i sughi si restringono e, nel caso dei dessert, lo zucchero si caramella. All’interno il cibo resta invariato, perché si tratta di un’azione di pochi minuti che agisce prevalentemente sull’esterno. In alcuni paesi stanno aprendo locali dedicati solo alla cottura flambé: tra questi il vegano Flambé London, che organizza anche party in cui si cucina tra amici imparando i segreti legati alla fiammata. Le origini del flambé rimangono vaghe: potrebbe essere una tecnica antica del quotidiano, ideata per insaporire e riscaldare velocemente i cibi con poco alcol ad alta gradazione, tanto che in alcune culture si ritrovano tecniche simili con l’utilizzo di alcolici anche a gradazione più bassa dei liquori. Ci sono più attestazioni nella storia culinaria moderna, a partire dalla famosa crêpe Suzette creata dallo chef Auguste Escoffier al Grand-Hôtel di Montecarlo in occasione di un’improvvisata dell’allora Principe di Galles. Nel 1896 il futuro re Edoardo VII arrivò a tarda ora e senza preavviso in compagnia di un’attrice, Suzanne Reichenberg, chiamata affettuosamente Suzette. Chef Escoffier, a cucine già spente, escogitò di farcire delle crêpe e scaldarle alla fiamma dopo averle irrorate di Grand Marnier: fu un successo per il principe, che apprezzò molto, tanto che Escoffier si offrì di chiamare il piatto Crêpe Edouard, in suo onore. Il principe, cavallerescamente, volle invece che portasse il nome dell’amica Suzette dalla folta chioma rossa, più indicata per ricordargli il nuovo dolce flambé.
Le regole per un flambé perfetto
Il flambé, che si tratti di un secondo, un contorno o un dolce, viene cucinato preferibilmente in una padella larga e bassa. Le migliori a questo scopo sono le padelle di rame stagnato, seguite da quelle di ghisa per chi cucina sui fornelli di casa, munendosi di apposito salvamano in tessuto imbottito o ancor meglio in silicone data la vicinanza con la fiammata. Si possono utilizzare anche padelle normali in acciaio, mentre per la cottura alla fiamma sono sconsigliate le padelle rivestite internamente con materiali che non reggono le alte temperature o che possono bruciarsi. In generale, se una padella è adatta alla frittura, può sostenere anche il flambé.
Il principio di un’ottima riuscita risiede anche nella temperatura: sia il cibo che l’alcol devono essere caldi, i migliori flambé si ottengono con l’alcol scaldato ad almeno 60-70°C, vicino al punto di ebollizione dell’alcol etilico che è a 78,24°C. Va versato nella padella quando anche il cibo è caldo, quindi è meglio scaldarlo pochi minuti prima di usarlo. Un errore comune è quello di flambare versando direttamente l’alcol dalla bottiglia alla padella, con un’escursione termica e una dispersione degli aromi che influisce negativamente sul sapore. Al contrario, una bollitura prolungata dell’alcol ne provoca la parziale volatilizzazione, rendendo la fiammata molto meno vivace.
Sarà l’ulteriore calore della padella e del cibo, insieme al fornello, a portarlo al punto di infiammabilità facendo sprigionare le fiamme classiche. Alcuni, per evitare questo passaggio non facilissimo, danno direttamente fuoco all’alcol. Gli chef più bravi invece scaldano il liquido alcolico direttamente nella padella, facendolo girare sui bordi senza toccare la pietanza: non appena raggiunto il punto di infiammabilità, l’etanolo contenuto nel liquore comincia a evaporare dando vita alle fiamme del flambé, che dura pochi minuti e si esaurisce da solo, il tempo di consumare la parte alcolica. Se si desidera conservare una nota o un retrogusto dell’alcolico impiegato, si può incoperchiare, portando in tal modo la fiamma a spegnersi naturalmente per via del poco ossigeno rimasto.
In molti ristoranti si utilizza la lampada, uno strumento che permette la preparazione del flambé al tavolo, davanti agli ospiti. Si tratta di un fornello continuo in rame, in genere venduto in set insieme alla pentola per flambare.
Quali liquori dare alle fiamme?
I liquori come cognac e rum sono preferibili per i secondi. Quelli più dolci, come il brandy e in particolare il Grand Marnier, sono molto gradevoli con i dessert.
Flambé in sicurezza
Pochi e facili, infine, gli accorgimenti di sicurezza. Non operare sotto cappe e pensili, perché le fiamme possono arrivare in alto e causare incidenti. Assicurarsi di agire liberi da ingombri sul piano di lavoro e lontani da bambini e animali, i quali possono avere reazioni di paura alla comparsa delle fiamme. Mentre si è intenti a flambare, bisogna tenere una debita distanza dalla padella (è indicativo il braccio teso a tenerne il manico) e mai osservare il risultato da sopra prima di versare il liquido. Se non si propagano subito le fiamme, alzare la temperatura del fornello tenendosi a distanza: l’alcol potrebbe non aver raggiunto la temperatura per infiammarsi e lo scarto potrebbe essere solo di qualche secondo. Attenzione agli alcolici ad alta gradazione come le grappe, che possono sprigionare fiammate particolarmente alte e non indicate dunque in ambienti domestici.