Un’alba spessa come grigio fumo ci accoglie all’arrivo a Nuova Dehli, punto di partenza per il nostro viaggio in Rajastan, la terra dei maraja.”
di Lucia Valentina Nonna
Se volete seguirci con l’indice sul mappamondo, passeremo per Jaipur, la città rosa, poi su a nord verso Bikaner, ai confini del deserto, dove faremo visita al Karni Mata, un tempio abitato da oltre 20.000 topini. Da lì un treno ci porterà a Jodhpur, la città blu, dove rimarremo qualche giorno prima di riprendere il cammino per Pushkar, cittadina dall’atmosfera freak da cui raggiungeremo Udaipur, ultima tappa di questo giro.
A Dehli rimaniamo in tutto 3 giorni, giusto il tempo di visitare alcuni tra i principali luoghi di interesse turistico, come il maestoso Red Fort, simbolo dei fasti della dinastia moghul, il Gandi Smriti, museo dedicato al Mahatma e costruito nel luogo in cui fu ucciso da un fanatico hindu; la moschea più grande di tutta l’India, nota come Jama Masjid o ‘Moschea del Venerdì’, che può accogliere fino a 25.000 fedeli; Chadni Chowk, ovvero la via principale di Old Dehli, brulicante di venditori ambulati e risciò.
Un luogo meno conosciuto, ma altrettanto affascinante, è il Bird recovery hospital, presso il Digambara Jain Temple. All’interno del tempio si trova un ricovero per uccelli che accoglie ogni giorno circa 40 nuovi esemplari bisognosi di cure, tra cui falchi, pappagalli, cocorite e piccioni. L’ingresso è libero, ma prima assicuratevi di non indossare alcun oggetto in pelle, comprese cinture e scarpe; i gianisti infatti predicano il rispetto di ogni essere vivente! All’entrata troverete un custode che terrà in deposito eventuali indumenti non graditi.
Per muoverci in questa città, grande quasi quanto la Lombardia, scegliamo la comoda e modernissima metro per i tratti più lunghi, mentre per le intricate viuzze della città vecchia abbiamo preferito il mezzo diventato simbolo di questa metropoli: il tuc tuc. Sappiate che non potete andarvene da qui senza prima aver provato l’ebrezza di salire su uno di questi veicoli coloratissimi e chiassosi. A vederli per la prima volta si ha quasi l’impressione che non seguano una direzione precisa, come fossero tante palline di un flipper impazzito. Eppure, una volta a bordo ci si sente accolti in una navicella il cui comandante segue una logica di incastri che nemmeno un campione di tetris!
Ci affidiamo così a questa baraonda, tra clacson, auto che schivano carretti, mucche che spuntano dal nulla e per qualche minuto rallentano il traffico con la loro andatura ciondolante; tanto qui nessuno si scompone. Tutti si fermano, aspettano che l’animale passi e poi.. si riparteee!
Trascorriamo mezza giornata nella città vecchia, Old Dehli, che si rivela un incredibile viaggio nei sensi, tra stradine strette e pullulanti di bazar che ci investono con il loro odore di cibo, incenso, fogna e smog. L’esatto opposto della parte nuova, con i suoi viali alberati e grandi parchi verdi pieni di bellissimi pavoni, farfalle e scoiattoli, come il centralissimo Lodi garden.
Salutiamo Dehli e la nebbia che ci ha accompagnato come un ombrello sempre aperto sulle nostre teste. Ogni tanto mi sarebbe piaciuto mettere un occhietto fuori, come a sbirciare da uno spioncino per vedere il colore di questo cielo indiano; per rivedere il sole dovremo tuttavia aspettare Jaipur, la prossima tappa.
Ci spostiamo in treno, un’esperienza davvero unica! La velocità media è 40 km/h, con soste frequenti durante le quali c’è tutto il tempo per scendere a sgranchirsi le gambe o prendere uno spuntino da qualche venditore ambulante.. tra samos (triangolini di pasta fritti ripieni di verdure e spezie), pakora (verdure fritte in pastella di ceci), kachori (fagottini di pasta fritti ripieni di patate e spezie), c’è di che sfamarsi!
Arriviamo a Jaipur, la città rosa, dove nonostante le strade siano trafficatissime e polverose, restiamo colpiti soprattutto dalla giostra di colori che danza in questo pandemonio. Nel cuore della città vecchia, tra spesse mura merlate, si trovano quasi tutti gli edifici degni di nota, dal City Palace, che ospita la famiglia reale, al Jantar Mantar, l’osservatorio astronomico reale, passando per l’Hawa Mahal, con la sua caratteristica forma a nido d’ape. Fuori dalla città, situati su due alture da cui è possibile ammirare un panorama incantevole, meritano senz’altro una visita il maestoso Amber Fort e il Galta Temple. Quest’ultimo non è conosciuto tanto per l’architettura, quanto per la numerosa comunità di macachi che ci vive.. un santuario davvero unico nel suo genere! Incamminandovi per la ripida salita, se avete del cibo, vi consigliamo di offrirlo alle scimmie. Abbiamo visto macachi sfilare patatine o snack dalle tasche dei devoti con un’abilità che nemmeno Arsenio Lupin! Quindi, che voi siate consenzienti o meno, i macachi si mangeranno le vostre provviste. In compenso avrete accumulato tanta fortuna; offrire cibo alle scimmie è infatti considerata una nobile azione che porta buon karma. Non c’è dubbio: meglio farsele amiche.
Lasciamo Jaipur dopo 3 giorni densi di emozioni, diretti a Bikaner, vicino al deserto. Qui, a 30 km a sud, si trova uno dei templi più insoliti di tutta l’India, il Karni Mata Temple, abitato da oltre 20.000 topolini! Come in tutti i luoghi sacri occorre lasciare le scarpe all’ingresso.. sappiatelo, visto che camminare scalzi facendo lo slalom tra i topi potrebbe non essere un’esperienza adatta a tutti.
Avvistare uno dei rari esemplari albini e fare offerte di cibo viene considerato un modo per propiziarsi buona fortuna; qui dentro infatti i topi sono delle vere e proprie divinità e i fedeli portano loro soprattutto dolci e latte. Una delle leggende che ci ha colpito di più, narra che Karni Mata, incarnazione della dea Durga, avesse chiesto a Yama, dio della morte, di riportare in vita il figlio di un suo devoto. Yama accettò, a patto che anche tutti gli altri devoti passati ad altra vita si reincarnassero in topi. Lungo tutta l’area del santuario sono fissate delle reti di protezione per evitare che uccelli o altri predatori possano entrare e uccidere i roditori. Fate attenzione anche a dove mettete i piedi, pestare un topo è considerato un fatto gravissimo!
Proseguiamo il nostro viaggio verso Jodhpur, chiamata la ‘città blu’ per il colore delle sue case. All’interno della cinta muraria lunga 10 km si trova la zona più caratteristica, dominata dall’imponente Mehrangarh, una delle fortezze più suggestive dell’India, costruita su un’altura che al tramonto si tinge d’ocra. La visita di questo luogo merita una mezza giornata, non solo per le bellezze del palazzo, ma anche per il panorama incantevole. Aldous Huxley disse che da questo luogo si possono sentire i rumori della città come fossimo déi dell’Olimpo, vista l’altezza. Un’immagine molto suggestiva! Di certo da qui si capisce bene perché Jodhpur sia famosa per il blu. Una guida ci spiega che un tempo venivano dipinte così solo le dimore dei brahmini (sacerdoti), mentre oggi questa distinzione non esiste più, forse anche perché si ritiene che il colore tenga lontani gli insetti.
Dopo aver visitato il caotico mercato nella città vecchia e fatto scorta di spezie, ci dirigiamo 20 km a sud-est, verso i villaggi bishnoi, dove è possibile ammirare le magnifiche antilopi cervicapra, ma anche gazzelle e volpi del deserto. Questi esemplari convivono con la popolazione dei bishnoi, una casta aperta che osserva ventinove regole (bis=2; noi=9), tra le quali quella di offrire riparo ad animali anziani o in difficoltà e non uccidere altri esseri viventi; qui le persone non solo non mangiano carne, ma non tagliano nemmeno alberi, considerati sacri. Ogni anno a settembre viene celebrato il martirio di 363 individui che nel 1730 sacrificarono la vita morendo abbracciati alle piante di khejri. Oggi questa popolazione conta circa sei milioni di persone, ed è grazie a loro se molte specie autoctone sono state salvate dall’estinzione. Un famoso proverbio indiano dice infatti che la cosa peggiore per un cacciatore non è incontrare una belva feroce, ma bensì un bishnoi infuriato!
Salutiamo i bishnoi e proseguiamo il nostro viaggio verso sud, direzione Pushkar.
Questa tranquilla cittadina è raggruppata intorno a un lago sacro, che si dice sia comparso in seguito alla caduta di un fiore di loto gettato qui da Brahma. Nel cuore del paese sorge un tempio dedicato proprio a questa divinità, uno dei pochi al mondo riservati al suo culto. Il santuario è riconoscibile tra gli oltre 400 disseminati ovunque per un’altissima guglia rossa e la statua di un’oca (hans), simbolo del dio, posta all’ingresso. La via principale è un bazar unico, dove è possibile fare shopping a prezzi molto convenienti, essendo una delle mete predilette dai viaggiatori low budget. Siate comunque pronti a contrattare sempre, come vuole la tradizione, magari davanti a una tazza di tè.
Nonostante l’aspetto turistico, a Pushkar è ancora possibile respirare un’atmosfera densa di misticismo, con i suoi mantra e preghiere che risuonano in ogni momento della giornata.. anche nelle prime ore del mattino! Se siete in cerca della parte spirituale dell’India, dagli oltre 52 ghat che scendono lungo il lago potete assistere a numerose cerimonie e con buona probabilità sarete avvicinati da uno dei sacerdoti (alcuni veri, altri no) che si offriranno di celebrare una puja (preghiera) per propiziarvi buona fortuna. Il lago, come avrete capito, è il fulcro di Pushkar. Da qui potrete ammirare gli aquiloni dei bambini danzare nel cielo azzurro a ritmo degli onnipresenti canti e tamburi; l’aquilone è il passatempo più diffuso tra i bambini di ogni angolo dell’India. Staccare gli occhi dalle loro acrobazie è praticamente impossibile, almeno finché non vi verrà il torcicollo!
L’ultima tappa del nostro viaggio passa per Udaipur, da molti definita la città più romantica dell’India. Le bellezze naturali in effetti non mancano, con le tranquille acque del lago Pichola circondate dai lussureggianti monti Aravalli, palazzi da favola, templi e scorci pittoreschi, resta un luogo dal fascino mozzafiato, nonostante l’afflusso dei turisti qui sia più evidente che altrove. Se siete in cerca di luoghi più raccolti e lontani dalle masse, consigliamo una gita nelle campagne circostanti, oppure a mezz’ora di distanza con un’auto, è possibile visitare i templi hindu di Eklinji, tra i più antichi e meglio conservati della regione.
Se siete venuti a Udaipur richiamati dalla sua fama di luogo per innamorati, concedetevi una gita in barca sulle tranquille acque del suo lago, magari nelle ore del tramonto, oppure le domeniche mattina, quando le sponde sono costellate dai colori dei sahari delle donne del posto, intente a lavare i panni in acqua. Per poche rupie è inoltre possibile farsi traghettare sull’isola di Jagmandir, dove sarete accolti da una schiera di giganteschi elefanti in pietra dorata, custodi di un palazzo da sogno che oggi è ristorante e albergo e dove è possibile bere un aperitivo con una vista davvero indimenticabile.

A proposito di cucina…
VEGETARIANI E VEGANI:
L’India è il paradiso della cucina veg! Nonostante le ricette a base di verdure siano tipiche soprattutto del sud, anche nelle zone settentrionali il consumo di carne è poco diffuso. Le mucche sono considerate sacre dagli hindu, ovvero l’80% circa della popolazione, quindi la carne bovina non si mangia; il maiale invece è vietato agli islamici, la seconda comunità più numerosa, e viene allevato solo in alcune zone a maggioranza cristiana (Goa, Hichmal Pradesh). In genere i ristoranti dove è possibile consumare carne (soprattutto pollo) vengono segnalati da un’insegna ‘veg & non veg’.. persino in questi locali tuttavia non uscirete a pancia vuota: i piatti veg rappresentano l’offerta principale del menù. Se non siete abituati a mangiare verdura preparatevi quindi a consumarne a ufo!
BASILICO (tulsi)
Secondo solo al fiore di Loto, è considerato una pianta sacra (in India verrebbe da chiedersi cosa non lo è!). Quasi ogni abitazione ne possiede almeno un vaso, perché oltre a rinvigorire il corpo, liberare la mente e aprire il cuore, si crede che attiri la protezione divina. Cosa aspettate? Correte subito a procurarvelo!
CIBO DI STRADA
I venditori ambulanti di cibo si trovano a ogni angolo e soprattutto a ogni ora, intenti a friggere, cuocere, spadellare e richiamare a gran voce l’attenzione dei passanti; non cedere alla tentazione di assaggiare qualcosa è praticamente impossibile! Persino durante i viaggi in treno o autobus saliranno urlando per vendervi samosa (triangolini di pasta fritta ripiena di verdure e spezie), pakora (verdura fritta in pastella di ceci), shakarkandi (patate dolci arrosto condite con lime, masala e fettine di carambola), oppure i buonissimi dolci a base di mango, zucca o riso, interrompendo il vostro sonno anche nel bel mezzo della notte. Quale momento migliore per uno spuntino?
E PER FINIRE?
La tradizione vuole che a fine pasto non manchi il pan! Si tratta di una sorta di ‘involtino’ costituito da una foglia ripiena di noce di betel, aromi e pasta di calce. Ogni pan wallah, ovvero venditore di pan, ha una sua miscela ‘segreta’; tra gli ingredienti è possibile trovare persino oppio! Se volete gustarlo al meglio, va tenuto in bocca finché rilascia sapore, ma senza inghiottirlo. L’usanza del posto vuole che una volta finito l’aroma venga sputato in terra. Provare a parlare con chi lo sta assaporando è come cercare di capire qualcuno che ha una patata in bocca.. a nulla serviranno i corsi di lingua!